La fine del papa mago
Sai che a Roma… c’è stato anche un papa mago?
Gerberto di Aurillac fu papa allo scadere del primo millennio (999-1003). Era un periodo particolare, in cui la vita, già difficile per la maggior parte delle persone, era ulteriormente segnata dal diffuso timore che la fine del millennio portasse con sé anche la fine del mondo intero. Gerberto era un uomo di enorme erudizione, così colto da intimorire la popolazione, per lo più ignorante e superstiziosa, e quando divenne papa col nome di Silvestro II, circolò subito la voce che fosse arrivato al soglio pontificio grazie a un patto con il diavolo, e che tanta conoscenza non potesse essere di questo mondo. Silvestro II è passato alla storia come il “papa mago” e alla sua figura sono legate varie leggende e misteri degni di un thriller.
Nato in Alvernia poco prima della metà del X secolo, studiò in Francia e in Spagna, dove, pur con la mediazione del cristianesimo, entrò in contatto con numerosi insegnamenti islamici, appassionandosi all’alchimia e alla magia, all’astronomia e all’aritmetica, tanto che si volle vedere in lui la reincarnazione di quell’arabo Djabir (in occidente, guarda caso, Geber) che fu Maestro del Sufismo (una corrente dell’islamismo volta alla ricerca della purezza e della mistica pura). Accostandosi sempre più a uno di quei saggi musulmani che era solito frequentare, sembra che Gerberto abbia avuto un primo contatto col Maligno. Il cronista medievale Guglielmo di Malmesbury racconta che il futuro papa desiderava ardentemente un libro che il saggio musulmano custodiva gelosamente sotto il cuscino. Sfruttando anche la complicità della figlia dell’uomo, Gerberto si impossessò del libro, ma ne scaturì un lunghissimo inseguimento, fin quando Gerberto, per salvarsi, non si vide costretto a evocare il diavolo, accordandogli perpetua sudditanza se lo avesse aiutato ad attraversare il mare per giungere in un luogo sicuro. E Gerberto si salvò. E fece anche una carriera strabiliante, continuando però sempre a destare scalpore e diffidenza a causa di tutte le sue conoscenze. Secondo altri invece Gerberto strinse un patto con un diavolo donna di nome Meridiana, che lo avrebbe aiutato a raggiungere il trono papale, o, ancora, che gli sarebbe apparsa successivamente, quando aveva già vinto il papato in una partita di dadi con il diavolo.
Un altro cronista, Raoul de Longschamp, racconta che Gerberto riuscì perfino a sottomettere un demonio e a racchiuderlo all’interno di una testa d’oro (o bronzea), un Golem diabolico che rispondeva alle sue domande con un cenno del capo. In realtà il futuro papa spiegava il funzionamento di questo automa-Golem attribuendolo al calcolo con due cifre. Possibile che avesse scoperto già all’epoca il codice binario e che fosse in grado di applicarlo alla costruzione di una macchina analitica? Questo sì che sarebbe diabolico…!
La carriera di Gerberto, tra alti e bassi, proseguì, finché non giunse l’elezione a papa. Altre leggende continuarono a fiorire attorno a quell’uomo che era ormai divenuto ufficialmente papa Silvestro II, e che non aveva comunque mai smesso di interrogare il suo Golem. E un giorno, il papa decise di domandare “Morirò prima di aver cantato messa a Gerusalemme?”. La risposta fu chiara: no. Silvestro, soddisfatto, pensò quindi che gli sarebbe bastato evitare di andare in pellegrinaggio a Gerusalemme per poter vivere all’infinito. Quello che il papa mago non aveva calcolato, però, era la presenza, sotto la Basilica di Santa Croce, della terra che sant’Elena aveva portato direttamente dalla Terra Santa insieme ad altre preziose reliquie. Il 12 maggio del 1003, dopo aver detto messa nella chiesa, il papa fu colto da un malore. Un attimo di stupore: aveva sempre avuto una salute di ferro, e aveva un “patto col diavolo” a fargli da garanzia… Poi, all’improvviso, capì. Silvestro, spaventato, si guardò intorno con un terrore che rasentava la paranoia, ma che lui, a quel punto, sapeva essere fondato. Anche in questo caso esistono diverse narrazioni. La prima racconta che un gruppo di uomini, laici, si avvicinò, minaccioso, senza che nessuno riuscisse a fermarli. Gli uomini, fedeli al governo del patrizio Giovanni Crescenzio (ostile al papa e all’imperatore Ottone III che lo aveva appoggiato) iniziarono a pugnalare il papa con fendenti mortali: quella sorta di stregone e negromante, non doveva vivere! I preti e i cardinali, impauriti, ordinarono al vicedominus di aspettare la sera e seppellire quindi di nascosto e in tutta fretta, fuori le mura, i resti di quello che era stato il loro papa. Il cadavere venne caricato su un carro di buoi, ma davanti alla basilica di San Giovanni gli animali si impuntarono e non ci fu verso di farli ripartire. Il vicedominus e il servo che lo accompagnava decisero allora di nascondere i pezzi insanguinati del cadavere in un sarcofago posto in un angolo buio dell’atrio della chiesa. Fu nuovamente lo zampino del diavolo, che riuscì a fargli comunque avere, in un modo o nell’altro, una degna sepoltura?
La seconda versione (forse più compatibile con un avvelenamento, di cui il papa potrebbe essere stato vittima) dice che il papa, dopo il malore, confessò le sue colpe e morì, lasciando istruzioni ai suoi cardinali di tagliarlo a pezzi e spargere il suo corpo in giro, senza sepoltura, nel tentativo di espiare le proprie colpe.
Una ulteriore variante vuole che il diavolo, al termine della messa, sia andato ad attaccarlo direttamente, cavandogli gli occhi e dandoli quindi in dono ai demoni perché vi giocassero all’interno della chiesa. A quel punto Silvestro, sempre cercando di espiare i suoi peccati, si sarebbe tagliato una mano e la lingua.
La storia del papa mago però non è ancora finita. Sembra infatti che anche la sua sepoltura abbia avuto dei particolari poteri diabolici: se un papa stava per morire dalla tomba fuoriusciva dell’acqua, mentre l’affiorare di un po’ di umidità indicava l’imminente morte di un cardinale.Nel 1684 comunque, il sepolcro fu aperto, e il corpo del papa fu trovato non solo intero, anziché a pezzi come vi era stato deposto, ma addirittura intatto e adornato di tutti i paramenti pontificali, compresa la tiara! Solo per un attimo, però, perché il contatto con l’aria sembra che abbia polverizzato tutto, lasciando solo la scia degli unguenti da imbalsamazione e l’anello con la scritta Sic transit gloria mundi.