24 Feb, 2014 | sai che a Roma...
Sai che a Roma… oggi vogliamo parlarti della basilica di San Clemente?
E’ il rione Monti a godere del privilegio di ospitare quella che può essere definita una chiesa-palinsesto. A San Clemente è facile capire come tutta la città di Roma sia pluristratificata, di come essa abbia continuato, nei secoli, a rinascere su se stessa, lasciando sotto i nuovi edifici quelli vecchi, pronti a raccontare agli archeologi delle storie incredibili.
La chiesa risale al XII secolo, quando papa Pasquale II (1050 – 1118) la ricostruì utilizzando molti materiali di un precedente edificio (la cosiddetta basilica inferiore) risalente al IV secolo e a sua volta impostato su costruzioni romane di I-II secolo e su un tempio del dio Mitra. Per rendersene conto, basta dare un’occhiata, per esempio, ai plutei marmorei della schola cantorum, databili al VI secolo. Ad epoche successive sono riferibili invece numerosi elementi dell’interno, nonché la facciata sobriamente barocca (sì, in alcuni casi il barocco può essere sobrio…!)
Non è nostra intenzione, in questa sede, fare una descrizione dettagliata della chiesa, pur di indiscusso pregio artistico, perché, quello di cui, ancora una volta, vogliamo parlarti, è una piccola-grande curiosità! Nell’attraversare l’aula, però, di sicuro noterai lo splendido pavimento cosmatesco , il ciborio medievale che sovrasta l’altare maggiore, il mosaico absidale con il Trionfo della Croce (raro esempio di scuola romana della prima metà del XII secolo) e, affacciandoti nella cappella di Santa Caterina, gli affreschi di Masolino da Panicale e Masaccio.
Ora però scendiamo nella cosiddetta chiesa inferiore (IV secolo), dove la decorazione ad affresco risalente al tardo IX secolo racconta in modo molto originale la storia di Sisinnio, Teodora e Clemente, quarto papa della storia (88 – 97 d.C.), nonché personaggio al quale la basilica è dedicata.
Sisinnio era un ricco prefetto romano che non aveva preso troppo bene l’adesione della sua bella moglie, Teodora, al cattolicesimo. Del resto, Sisinnio va anche capito, perché, stando a quanto racconta la leggenda, dopo la conversione Teodora si era votata alla totale castità… Un giorno la sua signora si intestardì a voler partecipare a una funzione di Clemente, che all’epoca era patriarca (diventerà papa in seguito), e il prefetto, uomo piuttosto potente, esasperato dalla situazione e stizzito da tanta insistenza, decise di far arrestare Clemente. La punizione divina non tardò ad arrivare: Sisinnio, che si era lasciato accecare dall’odio per i cristiani, divenne immediatamente cieco e sordo, dovendo così rinunciare al suo piano. Successivamente, Clemente, uomo compassionevole, si impietosì, decidendo di recarsi da Sisinnio e di guarirlo. Giunto al palazzo di questi però si trovò di fronte un Sisinnio ancora adirato, che vuole vuole farlo cacciare. Non sappiamo se fu a causa della cecità o magari per effetto di un nuovo, provvidenziale intervento divino, fatto sta che Sisinnio si trovò ad impartire un ordine piuttosto bizzarro: anziché far buttare fuori Clemente, ordinò ai suoi servi di incatenare e trascinare via una pesantissima colonna.
Sulle pareti della basilica inferiore di San Clemente, questa scena viene raffigurata in forma di vero e proprio fumetto, con i dialoghi riportati vicino alle teste dei personaggi stessi. E di fronte ai servi che, alle prese con la colonna, si trovano palesemente in difficoltà, Sisinnio, ormai furioso, impreca e grida (e sembra quasi di poterlo sentire…) “Traite, fili de le pute” (tirate, figli di puttana!), mentre Clemente se ne va liberamente, impartendo benedizioni. Mentre leggi queste parole, ricordati anche sei di fronte a uno dei primi esempi in assoluto di volgare italiano.
E così, sottoterra e di fronte a questa antica raffigurazione, non puoi far a mento di riflettere su come i sentimenti, le emozioni e le reazioni umane siano sempre le stesse: l’assurda e inutile frustrazione per non poter controllare la propria donna, l’insicurezza malcelata dietro il tentativo di voler attribuire ad altri la responsabilità una situazione non gradita, l’arroganza nel tentativo di usare una posizione privilegiata e di supremazia per fini personali, e infine la rabbia, scomposta e inutile, sfogata su qualcuno che, a ben guardare, è estraneo a tutta la vicenda…
E pensare che c’è gente che crede che la Storia non sia attuale! Mah…
Indirizzo: via Labicana, 96
26 Gen, 2014 | sai che a Roma...
Copia della statua di Marco Aurelio (piazza del Campidoglio, Roma)
Sai che a Roma… c’è una civetta sul cavallo di Marco Aurelio?
La civetta canterà preannunciando la fine del mondo e volerà via quando tutta la statua equestre di Marco Aurelio “scoprirà in oro”, cioè tornerà interamente in oro . Questo dice un’antica leggenda e da qui viene anche il modo di dire, ormai non più usato, “scoprì in oro come Marcurelio”, ovvero “essere alla fine”. La statua di Marco Aurelio è in bronzo dorato, e resta qua e là ancora qualche traccia di doratura. La civetta è proprio lì, tra le orecchie del cavallo, anche se in realtà non di una civetta si tratta, ma solo del ciuffo della criniera. Al momento della realizzazione della copia della statua equestre da esporre in Piazza del Campidoglio, i superstiziosi temevano che il gemello del Marco Aurelio potesse splendere nella sua nuova doratura, e quindi “scoprire in oro” e far avverare la profezia. Ma la doratura non fu realizzata, perché poteva ottenersi solo usando mercurio, sostanza altamente inquinante. E la civetta è ancora lì…
Ma da dove arriva la statua?
Si tratta di un originale in bronzo realizzato sotto lo stesso Marco Aurelio (161 – 180 d.C.) e collocato verosimilmente (ma al riguardo non si hanno notizie certe) al Foro Romano, oppure nella piazza circostante la Colonna Antonina e che ospitava il tempio dinastico degli Antonini stessi.
Si tratta dell’unica, tra le 22 statue che le fonti tardo-imperiali chiamano equi magni per le loro dimensioni maggiori del reale, che sia giunta integra fino ai nostri tempi. E sembra che questa fortuna gli derivi nientemeno che… da un equivoco scambio di persona!
Originale della statua di Marco Aurelio. Musei Capitolini, Roma
L’imperatore raffigurato infatti fu erroneamente ritenuto Costantino, il primo imperatore cristiano, e solo per questo riuscì a salvarsi da una redditizia fusione del prezioso metallo in cui era realizzata. La statua del resto, con certezza dal X secolo, ma probabilmente già dalla fine dell’VIII, si trovava al Laterano, l’area dove Costantino eresse la prima basilica cristiana, e fino alla fine del Quattrocento era nota come Caballus Constantini.
Un’altra e più fantasiosa tradizione identifica invece il cavaliere nel “grande villico”, cioè un grosso contadino, che secondo una leggenda riuscì a fermare un’invasione di barbari: il loro re infatti, ogni notte si allontanava, da solo, per fermarsi davanti a un albero e ascoltare il canto di una civetta. Approfittando dell’occasione, il contadino lo assalì e lo uccise, mentre i Romani invadevano l’accampamento nemico ormai privo della propria guida.
Nel 1538, per volere di papa Paolo III Farnese, la statua fu trasportata sul Campidoglio e fu Michelangelo, a cui venne affidato l’incarico di sistemare la piazza, a realizzare il basamento ancora oggi visibile di fronte al Palazzo Senatorio, a sostegno della copia della statua. In questa occasione fu anche istituita la carica onorifica di “Custode del Cavallo”, un nobile designato direttamente dal papa e la cui retribuzione era alquanto bizzarra: dieci libbre di cera, tre di pepe, sei paia di guanti, due fiaschi di vino e… confetti!
L’orginale è stato spostato nel 1981 per consentire un importante lavoro di restauro durato fino al 1988. Per preservare il bronzo antico dell’opera si decise di evitare che tornasse all’aperto e così, nel 1990, il Marco Aurelio è stato collocato provvisoriamente in un ambiente protetto nel cortile dei Musei Capitolini e successivamente spostato nel Giardino Romano, al primo piano del Palazzo dei Conservatori, opportunamente coperto con una copertura a vetrata.
Al suo posto, nel 1997, fu sistemata la riproduzione ancora oggi visibile.
22 Gen, 2014 | sai che a Roma...
Sai che a Roma… ti auguriamo “d‘avecce er gregorio?”
Il termine “gregorio” usato nel senso di fortuna, deriva dal fatto che San Gregorio, insieme all’immaginario San Culàzzio, era il protettore delle persone fortunate al gioco. Infatti per indicare una situazione particolarmente propizia si dice anche “avecce San Gregorio pe’ protettore“.
E il santo viene chiamato in causa anche quando si vuole indicare che la fortuna sembra improvvisamente abbandonare chi invece ci faceva conto: in questo caso si potrà sentir dire “So’ finite le messe a San Gregorio!“. La chiesa di San Gregorio al Celio infatti era autorizzata a celebrare una messa per i ritardari, alle 13, offrendo loro, all’ultimo momento, la fortunata possibilità di non perdere la funzione ecclesiastica. Ma, dopo l’una, le messe finivano anche lì, cosí come la fortuna puó improvvisamente voltarti le spalle!
10 Gen, 2014 | Cosa Fare, sai che a Roma...
Sai che a Roma… non ci manca neanche una bibliolibreria gratuita? Ed è la prima in Italia…
Se ti stai chiedendo cosa sia, ti rispondiamo subito e in modo sintetico: Plautilla è una gran bella idea! Si tratta di uno spazio dedicato ai libri, dove ognuno è totalmente libero di dare, ricevere o scambiare libri usati ed è un luogo in cui la lettura e la cultura diventano un importante fattore di socializzazione all’interno del quartiere (Plautilla si trova a Monteverde, in via Colautti 28-30).
Funziona più o meno così: chiunque abbia il buoncuore (ma a volte fare spazio in casa è una vera e propria necessità…) di donare qualche libro, partecipa all’accrescimento del patrimonio della bibliolibreria e permette ai libri di rinascere a nuova vita. Chi si reca da Plautilla, può consultare i libri o prenderli in prestito, decidendo autonomamente se riportare i libri o tenerli. Per chiunque ami la lettura e creda nel valore della sua diffusione, la bibliolibreria è meglio di un sogno!
E non finisce qui… Intanto, ti vogliamo parlare degli importanti aspetti sociali che entrano a far parte del progetto già a partire dalla scelta del luogo. La struttura infatti, nata grazie all’associazione Monteverdelegge e al Centro Diurno Giovagnoli (DSM ASL Roma D) si trova all’interno del DSM stesso (Dipartimento di Salute Mentale), riuscendo così a coinvolgere più facilmente persone con disagi di origine psichica, che tanto giovamento possono trarre dalla lettura e dalla socializzazione (e i vantaggi non sono solo per loro…). Il libro è un valore che crea legami e contatti. E proprio la socializzazione, come dicevamo, è un altro degli obiettivi di Plautilla: qui si parla, si fa conversazione e si partecipa alle attività organizzate dai volontari: letture ad alta voce, incontri e laboratori sempre nuovi (qui trovi il dettaglio delle attività).
Plautilla è aperta il lunedì dalle 9.30 alle 18.30;
il martedì dalle 16.00 alle 19.30;
il giovedì dalle 17.00 alle 19.30.
Puoi portare ogni tipo di libro, con l’eccezione dei testi scolastici, delle vecchie enciclopedie e dei manuali specialistici, e non puoi prendere più di due libri alla volta.
E ora veniamo al mistero del nome. Chi è Plautilla? Il riferimento non è alla moglie dell’imperatore Caracalla, perché la Plautilla a cui è stata intitolata la bibliolibreria è meno “anziana” e soprattutto più profondamente legata al territorio di Monteverde: si tratta di Plautilla Bricci, prima donna architetto dell’era moderna, alla quale si deve la Villa detta il Vascello, che esisteva presso Porta San Pancrazio e che fu gravemente danneggiata nel corso degli scontri legati all’esperienza della Repubblica Romana (1849). Altra sua opera famosa è la cappella di San Luigi all’interno della chiesa di San Luigi dei Francesi (1664). Questa donna ingiustamente dimenticata, trova ora il suo riscatto, e il suo nome risplende in quello di progetto di altissimo profilo.
Web: http://mvl-monteverdelegge.blogspot.it/p/blog-page_12.html
Pagina Facebook
E-Mail: plautilla.monteverdelegge@gmail.com
Account aNobii (utile alla consultazione del catalogo online): www.anobii.com/plautilla/books
19 Nov, 2013 | sai che a Roma...
Cartello appeso nell’Ufficio Gestione Verde Urbano
Sai che a Roma… qualche volta negli uffici pubblici è possibile anche ridere?
Succede in questi giorni all’Ufficio Gestione Verde Urbano, dove fuori dalla porta è comparso un cartello che, nonostante abbia suscitato l’indignazione di qualcuno, a noi sembra davvero esilarante. Ne riportiamo fedelmente il testo, compresa la parte in cui le influenze dialettali riescono a prendere il sopravvento…
“Il pubblico si riceve nei giorni di martedì e venerdì dalle ore 10.00 alle ore 12.00 previo appuntamento telefonico. L’altri giorni dobbiamo lavorare. Si prega di non essere insistenti altrimenti ci vedremo costretti, anche se contrario alla nostra educazione, a prendervi a parolacce ed insulti”.
Il cartello è stato fotografato da un utente incredulo, che ha poi postato la foto su facebook, scatenando un tam tam mediatico che ha scatenato diverse reazioni, dall’indignazione, all’incredulità, passando per il divertimento.
Noi non sappiamo se il cartello sia vero o se si tratti di un semplice fotomontaggio, così come non possiamo dire se si tratti dell’opera di un impiegato ironico e giocherellone (o magari realmente scocciato dall’insistenza di qualcuno…), oppure della reazione di un utente infastidito dall’eventuale comportamento di qualche addetto.
In ogni caso, nell’augurarci che non si tratti di un reale messaggio istituzionale da parte di una Pubblica Amministrazione, speriamo di averti regalato un sorriso!
Aggiornamento: riportiamo qui sotto quanto postato dal vicesindaco Luigi Nieri sulla sua pagina facebook, in merito alla segnalazione dell’avviso:
“Questa mattina ci è stata segnalata l’esistenza di un incredibile avviso, offensivo nei confronti degli utenti, esposto in un ufficio dell’amministrazione capitolina. In qualità di vicesindaco e di assessore al Personale, ho predisposto un’immediata verifica: il cartello era effettivamente esposto presso i locali di un servizio operativo di supporto agli uffici di Gestione del Verde Urbano, spazio che, mi è stato assicurato, non è aperto al pubblico. Il cartello era una sorta di atto goliardico interno. Ho sentito l’Assessore all’Ambiente che mi ha confermato che il cartello è stato immediatamente rimosso, a tutela dell’immagine di Roma Capitale e della serietà dei suoi dipendenti, che si impegnano ogni giorno, fra mille difficoltà, a fornire il miglior servizio possibile alla cittadinanza.”