Chi sono i buzzurri?

OLYMPUS DIGITAL CAMERASai che a Roma… a volte siamo tutti un po’ buzzurri? Oppure no? Chi sono, esattamente, i buzzurri? Il termine BUZZURRO, usato oggi per identificare una persona rozza, ignorante e volgare, in origine indicava i montanari svizzeri che, durante l’inverno, arrivavano a Roma per pulire i camini e per vendere le “callaroste” (castagne arrostite), il castagnaccio e la polenta. La parola infatti deriva dal tedesco antico Butzen (odierno Putzen = ripulire). Dopo il 1870 BUZZURRO fu utilizzato in modo più generico, e in senso dispregiativo, in riferimento ai settentrionali italiani (soprattutto piemontesi e lombardi) che si trasferirono nella nuova Capitale.

Sta casa pare ‘na neviera! I nevaroli a Roma

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Rocca Priora – Chiesa della Madonna della Neve

Sai che a Roma… anticamente, ma ancora fino al XX secolo, c’erano i nevaroli? I nevaroli si occupavano di raccogliere, conservare, trasportare e infine vendere la neve!

A suon di palate, il nevarolo riempiva un carro profondo e trasferiva poi il prezioso carico in cantine o grotte le cui aperture dovevano essere limitatissime per evitare che il freddo si disperdesse. Con lo stesso scopo questi ambienti venivano chiusi in modo quanto più possibile ermetico. La neve veniva compattata attraverso le operazioni di “pestaggio” e i diversi blocchi erano mantenuti separati e isolati termicamente con l’aiuto della paglia. Con l’arrivo del caldo la neve, divenuta ormai ghiaccio, veniva tagliata in pezzi più piccoli, più facili da trasportare e più vendibili.

Ovviamente il luogo d’elezione per l’approvvigionamento di neve per la Capitale erano i Castelli Romani, dove i pozzi di Rocca Priora e Rocca di Papa erano i più famosi. A Rocca Priora la neve era considerata una importante risorsa e una benedizione, tanto che alla fine del XVI secolo venne costruita una cappella dedicata proprio alla Madonna della Neve e dove poter pregare o ringraziare per la caduta del prezioso bene. Nel 1660 la cappella fu ingrandita diventando una vera e propria chiesa, ancora esistente.

Altri importanti pozzi per la neve si trovavano anche a Monte Flavio e a Monte Gennaro, ma quelli tuscolani erano senza dubbio più comodi, in virtù della loro vicinanza a Roma. Strutture di questo genere erano piuttosto conosciute a Roma, tanto che quando un romano entrava in una casa particolarmente fredda, l’esclamazione di rito recitava “Sta casa pare ‘na neviera!

Nel XVII secolo i venditori ambulanti di neve, protetti tradizionalmente da San Sebastiano, si aggiravano per la città al grido tipico e vagamente poetico di “Chi volentieri il bon vin fresco beve, eccovi qui la fresca e bianca neve!”

In tempi più recenti, i nevaroli furono “rimpiazzati” dagli operai della Fabbrica del Ghiaccio, legata allo stabilimento della Birra Peroni, nell’area di piazza Alessandria. Da qui le colonne di ghiaccio venivano trasportate in città attraverso dei tipici carri arancioni, trainati da imponenti cavalli da tiro e i pezzi di questi colossali ghiaccioli erano acquistati da osterie, macellerie, trattorie e anche da semplici privati, che iniziavano ormai ad avere ognuno la sua personale ghiacciaia, nella quale conservare il ghiaccio e, con esso, il freddo.