Nuovo quartiere imperiale emerso a via del Tritone

Resti archeologici in via del Tritone. Foto da roma.corriere.it

Resti archeologici in via del Tritone.
Foto da roma.corriere.it

Sai che a Roma… certe notizie mettono i brividi?
I ritrovamenti archeologici possono essere più o meno sensazionali, ma quasi ogni volta che si scava, l’antica Roma è lì, quasi a volerci ricordare e sottolineare il privilegio e la responsabilità di vivere nella Città Eterna.

Stavolta a rivedere la luce è, in via del Tritone, un quartiere di età imperiale, con tanto di domus, terme, strade e acquedotto. Incredibile…

Il cantiere allestito per realizzare il nuovo palazzo della Rinascente, che sorgerà sorta al posto di una palazzina degli anni Cinquanta (ma… si farà davvero, a questo punto?),  ci restituisce istantanee di vita antica: l’acquedotto Vergine, gli ambienti di alcune insulae, che erano in pratica le case “normali” dei Romani antichi, su più piani, stile condominio (del resto, dai, non tutti vivevano nelle villae o nelle domus mosaicate… Proprio come oggi!), le strade che si snodavano tra i vari edifici… E poi, ancora, una ricca abitazione (la domus di cui parlavamo…) corredata di decorazioni e addirittura di una stibadium (una specie di triclinio di cui a Roma si conosce solo un altro esempio) e addirittura un grande impianto termale. I mosaici in bianco e nero che compongono motivi vegetali sono sorprendenti, così come quelli che raffigurano figure mitologiche, nodi di Salomone, pesci e sirene; ma quello che più lascia senza fiato, sono i pavimenti in opus sectile, nei quali frammenti di marmi colorati vengono intarsiati per formare disegni geometrici accurati e di sicuro effetto scenico.

Un tratto di strada lungo 200 metri (probabilmente la Salaria Vetus) sembra voler sottolineare, semplicemente con la sua presenza, che i resti riportati alla luce erano parte integrante di un tessuto urbano complesso e articolato, molto simile, in fondo, a quello che viviamo anche oggi.

resti archeologici via del Tritone - Rinascente

Resti archeologici nel cantiere della Rinascente

Qualche giorno fa era uscita sui giornali la notizia di ritrovamenti archeologici nell’area dietro largo del Nazareno, sempre interessata dai lavori per la nuova Rinascente. Le informazioni però erano piuttosto vaghe e confuse, e parlavamo di magazzini e ambienti di servizio, senza fornire ulteriori informazioni.

Ora la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, che conduce le indagini preventive, ha ufficializzato la notizia, spiegando finalmente la vera natura dei resti emersi. Nella vasta area di cantiere, circa 4.000 mq situati tra via del Tritone e via Due Macelli, si scava in realtà già dal 2011. La dott.ssa Fedora Filippi spiega che il primo ritrovamento importante è stato un tratto dell’acquedotto Vergine, quello, per capirci, che ancora oggi alimenta Fontana di Trevi e che è l’unico acquedotto romano che dopo duemila anni è ancora in funzione! La parte messa in evidenza è realizzata in blocchi di tufo, ed è il segmento più antico individuato, visto che la struttura, nel tempo, ha subito continui restauri e lavori di manutenzione. Esiste quindi un progetto che prevede la valorizzazione dell’acquedotto tramite il restauro e la musealizzazione all’interno del palazzo stesso.

Al momento (ottobre 2013) lo scavo è ancora in corso, in particolar modo per quanto riguarda l’area delle terme, e perché le indagini possano dirsi terminate ci vorrà ancora qualche mese (almeno!). E poi… chissà… la Rinascente potrebbe trasformarsi in un museo!

Cantiere archeologico Rinascente - Via del Tritone

Cantiere archeologico in via del Tritone

Aggiornamento giugno 2014:   Cosa è successo? Da ottobre del 2013 sembra in realtà che i lavori siano sospesi: possibile che lo scavo delle terme non sia proseguito? Le strutture sono coperte da un tessuto protettivo, e sembra che tra la Rinascente, a cui spetta la gestione dei lavori, e la Soprintendenza, manchi un accordo. In particolare, più che l’accordo, a mancare sarebbe il progetto della società della Rinascente comprendente le possibili disposizioni da mettere in atto per preservare e valorizzare le importanti strutture termali venute alla luce.
Il nuovo e lussuoso centro commerciale, con tanto di roof garden,  avrebbe dovuto essere inaugurato nel 2015. Certo, un roof garden con vista sulle Antiche Terme non sarebbe male, ma… un’area archeologica in mezzo al via del Tritone  è ancora più affascinante!

Aggiornamento settembre 2017: Il nuovo complesso della Rinascente, a quanto sembra, sarà inaugurato a breve, il 12 ottobre 2017 (e così è stato! Guarda qui sotto il video dell’inaugurazione). Il gruppo Rinascente (ex proprietà della famiglia Agnelli e oggi in mano a una società thailandese) ha sostenuto infatti tutte le spese di recupero, decidendo infine, d’accordo con il soprintendente Francesco Prosperetti, di realizzare un’area archeologica direttamente all’interno del nuovo edificio e fruibile gratuitamente.

Le 15 arcate (quin-di-ci!) dell’Acquedotto Vergine basterebbero già da sole a fare di questo nuovo ritrovamento la meta di un vero e proprio “pellegrinaggio archeologico”. Ma si è voluto fare di più! Prosperetti parla infatti di ricostruzioni in realtà virtuale che permettono ai visitatori di farsi una idea più precisa di come potesse apparire il tessuto urbano dell’epoca antica, e di ricordarsi che anche quest’area della città, che oggi tendiamo ad associare al Barocco, era una parte fondamentale dell’Urbe fin dalle origini.

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Dagli scavi metro C, una casa imperiale con parti in legno

scavi metro C, resti di edificio con parti lignee

Scavi metro C – pozzo Q15. Resti di solaio ligneo

Sai che a Roma… gli scavi per la metro C non finiscono di sorprendere?

Un nuovo e importante ritrovamento archeologico è emerso dagli scavi per un pozzo in via dell’Amba Aradam (angolo via della Ferratella). Stavolta a rivedere la luce sono stati i resti di un edificio romano datato al II-III secolo d.C. e del quale, eccezionalmente, ci sono giunte conservate anche le parti in legno, come il solaio e le gambe di sgabelli e tavolini.

All’interno del pozzo Q15 infatti, tra i 9 e i 10 metri di profondità, i resti appaiono carbonizzati e come pietrificati. Un improvviso incendio ha fatto collassare l’edificio. I resti rinvenuti, come in una sorta di piccola “Ercolano” della Capitale, appaiono cristallizzati in questo tragico istante, che ha segnato la fine anche per un cane e il suo cucciolo (o forse un gatto), i cui scheletri sono stati rinvenuti nell’area di scavo.

L’eccezionalità del ritrovamento riguarda soprattutto la presenza delle strutture lignee, che generalmente si conservano solo in condizioni ambientali molto peculiari. In questo caso, è stata proprio la carbonizzazione a rendere possibile che il legno arrivasse fino a noi. Del solaio ligneo (vero e proprio unicum per Roma) è stato possibile riconoscere i travetti rettangolari di legno a cui venivano fissate le canne di che servivano per far aggrappare gli intonaci al solaio stesso e alle pareti. Anche i resti della contignatio, ovvero, come spiega Vitruvio, la struttura portante del solaio, con una trave principale e travicelli minori da questa sostenuti, hanno suscitato negli archeologi un bel po’ di emozione!

Metro C - Affresco in edificio con resti lignei

Scavi metro C – pozzo Q15. Affresco

Altri elementi lignei di arredo risultano più difficili da riconoscere, ma di certo in alcuni è possibile identificare gambe di sgabelli o tavolini e perfino uno stipite con tracce del vetro della finestra.

Pareti finemente affrescate con motivi floreali e resti di mosaici pavimentali in bianco e nero costituiscono la parte più “normale” del rinvenimento! 

Le strutture potrebbero essere interpretate, forse, come ambienti di rappresentanza di una caserma scoperta circa un anno fa in viale Ipponio, sempre durante i lavori per la metro C. Non si esclude però la loro appartenenza a qualche ricca domus privata aristocratica, simile a quelle note sul Celio..

Lo scavo, intrapreso a dicembre del 2016, è ancora in corso, mentre già si riflette su come conciliare le esigenze di realizzazione della metro C con quelle di conservazione dei reperti. Il pozzo infatti è necessario sia per far passare le talpe che scaveranno le gallerie, sia per permettere tempestivi interventi di consolidamento del terreno qualora le vicine Mura Aureliane dovessero mostrare di risentire del passaggio di tali macchinari. Per il momento, comunque, sembra che si stia pensando di asportare i resti e di rimontarli all’interno del museo della stazione.

Purtroppo il diametro del pozzo è di soli 8 metri, e la profondità di scavo non consente di ampliare le indagini oltre le pareti del pozzo, che costituisco un contenimento per il terreno e permettono quindi di lavorare in sicurezza. Non sarà quindi possibile ampliare l’area di scavo per scoprire anche le parti della struttura. Si continuerà invece a scavare in profondità, fino a -13 metri, quota a cui dovrebbe trovarsi il pavimento del piano terra della struttura. 

Qui sotto, il video del tg3 in cui viene presentato il ritrovamento

 

UNA “MINI POMPEI” SOTTO ROMA

A Roma, durante gli scavi per la metro C, è stata fatta una scoperta eccezionale: una casa distrutta da un incendio nel terzo secolo, conservata come a Pompei. Dal Tg3 delle 19 del 26 giugno 2017, il servizio di Anna Frangione

Pubblicato da Tg3 su Lunedì 26 giugno 2017

 

Una necropoli ebraica scoperta a Trastevere

necropoli trastevere campus iudaeorumSai che a Roma… a Trastevere,  a 8 metri di profondità, è tornata alla luce un’antica necropoli ebraica?

La necropoli, usata tra XIV e XVII secolo, è emersa nel corso degli scavi a Palazzo Leonori, in via delle Mura Portuensi. I lavori in corso per realizzare la nuova sede di AdiR (Assicurazioni di Roma) hanno permesso di individuare almeno 38 sepolture che è stato possibile attribuire a quello che era noto come il Campus Iudaeorum. Si tratta del cimitero usato dalla Comunità Ebraica nel corso del tardo Medioevo e della prima età moderna. Fino ad ora era conosciuto solo dalle fonti e dalla cartografia storica.

Nel XVI secolo infatti, la necropoli ebraica fu spostata nell’area dove oggi sorge il Roseto Comunale, che non a caso nasconde tra i suoi vialetti una celebre Menorah (leggi La Menorah nascosta).

I 38 scheletri sono stati trovati in buono stato di conservazione, mentre le sepolture, come previsto dal rito ebraico, non hanno restituito oggetti di corredo. Uniche eccezioni  due anelli d’oro e una bilancia di ferro. Come sottolineato dalla dott.ssa Daniela Rossi, della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, gli scheletri  “sono per la maggior parte uomini, ma siamo riusciti ad individuare alcune donne ed un paio di bambini”. A quanto sembra poi, i corpi dovettero essere deposti in casse di legno, testimoniate dalla presenza di residui lignei e di chiodi.

trastevere, coraria septimianaMa le sorprese non sono finite, perché nel corso degli scavi sono emersi anche i resti di due edifici monumentali pertinenti a una grande conceria, forse proprio quei Coraria Septimiana che si trovavano nella regio XIV Transtiberim e che si occupavano di realizzare indumenti e accessori per l’esercito. Il nome “Septimiana” non indica però l’età della realizzazione dell’edificio, ma semplicemente alcuni possedimenti che l’imperatore Settimio Severo possedeva nella zona [grazie a Maria Grazia Cinti per la precisazione]. I resti delle vasche in muratura e i residui di calce e di allume (utilizzati per trattare le pelli) non lasciano comunque molti dubbi sulla funzione degli ambienti. 

I lavori di scavo archeologico sono durati 4 anni, ma i risultati delle ricerche sono stati resi noti solo da pochi giorni.

L’area della necropoli ebraica di Roma sarà visitabile su richiesta.

 

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Le foto utilizzate in questo articolo sono tratte da notiziedattualita.com

 

 

Un complesso termale antico scoperto a Tor Vergata

Foto da adnkronos.com

Sai che a Roma… l’area di Tor Vergata nascondeva un impianto termale antico?
Le prime strutture sono venute alla luce nel corso di una serie di indagini archeologiche preventive che la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma ha avviato a giugno del 2013, in un’area destinata a edilizia residenziale ma che, visti gli esiti delle ricerche, diventerà una zona a verde.

Non è stato necessario molto tempo per capire che si era di fronte a qualcosa di grosso, e per ottimizzare le risorse necessarie alle indagini la Soprintendenza ha stipulato una convenzione triennale e rinnovabile con l’Università di Tor Vergata (Dipartimento di Scienze Storiche, Filosofico-Sociali, dei Beni Culturali e del Territorio), avviando così un cantiere didattico in cui, già dal 12 maggio e per un totale di 6 settimane, gli allievi dell’Università (sia laureati che studenti) scavano, documentano e studiano per scoprire quanto più possibile in merito a questi splendidi edifici. La planimetria degli ambienti si va definendo, i frammenti ceramici permettono di riconoscere nella prima metà del I secolo d.C. il momento di massima frequentazione dell’impianto termale, decorato con stucchi e affreschi figurati che, nonostante il duro lavoro, tengono alto l’entusiasmo dei giovani archeologi che lavorano sotto la sapiente direzione scientifica del dott. Roberto Cereghino.

Al n.1 taegula mammata

In due ambienti, uno absidato e uno tetralobato, il complesso termale, conserva ancora intatte le suspensurae, bassi pilastrini che sostenevano il pavimento creando un’intercapedine in cui circolava aria calda. Nell’area, a ulteriore conferma della funzione assolta dall’edificio, che misurava almeno 500 metri quadrati, sono stati trovati anche numerosi frammenti di taegulae mammatae. Si tratta speciali laterizi con piccole sporgenze sul retro, che venivano utilizzati come rivestimento delle pareti in modo tale da lasciare uno spazio tra la tegola e la parete vera e propria, permettendo così la circolazione dell’aria ed evitando danni alle murature di ambienti molto umidi (come nel caso delle terme), e creando inoltre un maggiore isolamento termico.

Con ogni probabilità a rifornire di acqua il complesso termale era la cisterna sotterranea a bracci, rinvenuta nella vicina via Galvano della Volpe.

Allo stato attuale delle indagini è stato possibile riconoscere in tutto 9 ambienti, che hanno restituito un consistente numero di frammenti riferibili a pavimentazioni in mosaico, a stucchi dipinti in rosso e azzurro e ad affreschi con motivi figurati, dei quali rimangono tracce anche sulle pareti. Intonaci di color celeste, blu, giallo, nero, rosso e verde… e chissà che non si riesca a scoprire qualche altro dettaglio sulle scene che potevano essere raffigurate. Se alcuni dei vani sono certamente identificabili come terme, le altre strutture sembrano potersi riferire a una lussuosa villa, utilizzata contemporaneamente alla struttura termale e proprietà di chissà quale facoltoso personaggio che aveva scelto di crearsi la sua oasi di pace proprio lungo la via Tuscolo-Fidene, il cui basolato è visibile a pochi metri dallo scavo.

Guarda la galleria fotografica dell’AdnKronos

Molto interessante, poi, è il fatto che la convenzione tra Soprintendenza e Università preveda, da parte degli studenti, oltre alle normali attività connesse con quelle di scavo archeologico (come il rilievo, il restauro e lo studio dei materiali), anche l’avvio delle attività di promozione e valorizzazione del sito, nella speranza, come ha osservato la stessa Soprintendente Mariarosaria Barbera, che le idee e il dinamismo delle nuove leve di studiosi possano davvero portare a un esempio replicabile di realizzazione e mantenimento di un parco archeologico nella periferia romana. Troppo spesso infatti, per mancanza di risorse economiche, i resti archeologici vengono indagati e poi ricoperti: sotto terra se ne garantisce la conservazione a costo zero, ma in questo modo la diffusione della conoscenza del territorio e della sua storia resta relegata a un ristretto settore di addetti ai lavori.

Questi ragazzi, ora, si trovano davanti una bella sfida… Che dici, ce la faranno?

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Ogni giorno un pezzo di Circo Massimo esce fuori dalla terra che lo seppelliva. Emozioni a Roma in un infinito e magico cantiere archeologico. Ecco le foto  (link esterno)

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Quinto Sulpicio Massimo: quasi un rapper dell’antichità…

IMG_3727-600x448Sai che a Roma… il giovane Quinto Sulpicio Massimo era un po’ come un rapper dell’antichità?

Il Sepolcro di Quinto Sulpicio Massimo, visibile tra via Piave e via di Sulpicio Massimo (nei pressi dell’antica Porta Salaria, nella zona dell’attuale piazza Fiume), fu rinvenuto nel 1871 sotto la torre orientale della Porta Salaria.
All’epoca Virginio Vespignani dirigeva i lavori di abbattimento della Porta onoriana, gravemente danneggiata dalle cannonate del 1870: I resti del sepolcro di I secolo d.C. sono oggi visibili in un piccolo giardino poco distante dal luogo di rinvenimento, ma la parte superiore del monumento è una copia (l’originale si trova ai Musei Capitolini).
Su un basamento in travertino, un’edicola marmorea reca scolpita ad altorilievo la figura del giovane Quinto Sulpicio Massimo, con in mano un rotolo. Due iscrizioni in greco e in latino ci raccontano la storia di questo ragazzino-prodigio, morto a 11 anni subito dopo aver vinto una importante competizione di poesia greca organizzata nell’ambito del terzo Certamen Quinquennale, una gara mondiale di ginnastica, sport equestri, musica e poesia che si tenne sotto Domiziano, nel 92 d.C. Il talentuoso giovane aveva sconfitto 52 poeti, conquistando il favore del pubblico nel corso della gara di improvvisazione Versus Extemporales (un po’ come un moderno rapper…).

La sua carriera come verseggiatore, purtroppo, non ebbe modo di proseguire a causa della morte improvvisa. I genitori, Quinto Euganeo e Licinia Ianuaria volle dedicargli questo sepolcro in memoria sua e della sua arte: il rotolo che il il giovane tiene in mano si riferisce proprio ai versi che lo fecero incoronare vincitore.