Un antico Hortus Urbis a Roma

hortus-urbis2Sai che a Roma… puoi visitare un orto antico?
All’interno del Parco regionale dell’Appia Antica, lungo il corso dello storico fiume Almone, gli amici di Zappata Romana hanno dato vita all’interessantissimo progetto di Hortus Urbis, che prevede la ricostruzione di un orto in perfetto stile antico romano.

Sulla base di accurate ricostruzioni storiche, fatte a partire dai testi di Columella, Plinio il Vecchio, Catone e Virgilio o addirittura da quanto emerso dagli scavi di Pompei, moltissime delle piante che duemila anni fa accompagnavano la vita dei nostri antenati e che oggi risultano pressoché dimenticate sono state selezionate e piantate in questo suggestivo spazio. Si tratta di piante di vario genere, sia ornamentali che da utilizzare in cucina, o ancora medicinali o simboliche: il pungitopo, per esempio, che proprio per le sue estremità aguzze e pungenti veniva piantato dagli antichi romani all’ingresso delle proprie abitazioni per bloccare gli spiriti malvagi ed evitare che si introducessero nelle case. L’achillea millefolium invece era la pianta che non poteva mancare durante i combattimenti militari (e per questo è detta anche erba militare), in quanto era considerata una eccellente fonte di energia; ancora, la ruta serviva ad aromatizzare i liquori, mentre il coriandolo aveva moltissime applicazioni, sia come insaporitore nella cucina di tutti i giorni che come conservante, o anche come cura per il mal di testa. Molto usata dai legionari era la margherita pratolina,hortus-urbis1 il cui succo aveva effetti benefici sulle ferite da taglio. La digitale rossa era utilizzata per il cuore e l‘Hyssopus officinalis contro i pidocchi. Sono circa 70 le varietà di piante che potrai scoprire nell’Hortus Urbis dell’Appia Antica, e il bello è che è possibile partecipare al progetto in prima persona, contattando Zappata Romana.  Le 16 aiuole quadrate che coprono uno spazio di 225 mq sono gestite da un nutrito gruppo di volontari, e nell’area sono presenti anche un semenzaio e un allevamento di lombrichi, ma è previsto anche l’impianto di un frutteto e di un roseto, sempre ispirati alla tradizione antica.

Durante la buona stagione, che fortunatamente a Roma è piuttosto prolungata, la domenica l’orto è aperto a tutti, e vengono organizzate anche numerose attività didattiche sia per adulti che per bambini.

E pensa che tutto questo è nato su uno spazio pubblico che era completamente abbandonato!

Per conoscere tutte le iniziative organizzate presso l’Hortus Urbis, ti consigliamo di tenere sotto controllo il sito www.hortusurbis.it e il calendario degli eventi dell’Hortus Urbis.

Buona zappata a tutti!

Indirizzo: Presso l’ex Cartiera Latina, via Appia Antica, 42 o 50

Info: hortus.zappataromana@gmail.com

Web: www.hortusurbis.it   http://www.parcoappiaantica.it

Facebook: Pagina facebook

 

 

Il bar del cane

20130810-014853Sai che a Roma… esiste il bar del cane?
Il “bar del cane” è il soprannome dato a una piccola fontanella, situata sì, sulla centralissima via Veneto (di fronte all’Ambasciata degli Stati Uniti), ma che finisce immancabilmente per passare inosservata.
La fontanella è un esempio di stile razionalista del Novecento, e la leggenda racconta che essa sia stata voluta da Mister Charlie, proprietario (frequentatore, secondo altre versioni) del vicino caffè ABC, che prima della Seconda Guerra Mondiale si trovava all’interno dell’hotel Ambasciatori (il vero nome del Caffè era Gui Bar, ma era piú noto con il soprannome di ABC). Egli infatti avrebbe avuto la necessità di far bere i suoi cani mentre lui era all’interno del locale. Quanto fosse una trovata stravagante per pubblicizzare il locale e quanto rispondesse invece a una reale esigenza, resta da vedere…! Fatto sta che la fontanella del cane, alimentata dall’Acqua Marcia, fu realizzata nel 1940, a beneficio dei cani che trotterellavano lungo la strada che poco dopo sarebbe diventata il fulcro della Dolce Vita, e che potevano così trovare, al pari dei loro padroni, un luogo dove ristorarsi e sostare. Essa è composta da una vasca che raccoglie l’acqua ai piedi di una nicchia, mentre nella parte superiore è presente un riquadro nel quale si affaccia un cane, mostrando il muso e le zampe anteriori, sotto le lettere ABC, che, al di là degli elementi più dubbi del,a leggenda, confermano comunque il legame della fontanella con il bar.
Oggi purtroppo la fontana non è più funzionante e i nostri amici quadrupedi non hanno più il loro bar!

Questo articolo è apparso la prima volta su www.romanuda.blogspot.it

I "Nasoni" con le ciotole

20130810-021037Sai che a Roma… arrivano le ciotole da “nasoni”? Sulle fontanelle piú famose del mondo, dall’8 agosto 2013 Roma Capitale ha iniziato a far applicare delle ciotole che permettono a cani e gatti di dissetarsi comodamente. Le prime cinque fontanelle che offrono ai nostri amici a quattro zampe il “servizio bar” sono in via dei Cerchi (piazza Sant’Anastasia), piazza Locatelli, piazza Cairoli, piazza Monticelli e piazza San Paolo. Già ieri peró alla lista se ne sono aggiunte altre 15, tutte del Centro Storico. Nuove installazioni sono in programma a settembre, per cercare di servire quante piú zone possibili.

In ogni caso, questa particolare attenzione agli animali, non è per Roma una novità assoluta: risale al 1940 infatti una speciale fontanella realizzata apposta per i cani. Leggi la storia: il bar del cane

Preoccuparsi degli animali è senza dubbio un bell’atto di civiltà, ma noi abbiamo qualche domanda…
Più di una volta ci è capitato di vedere cani bere senza nessun problema, dai Nasoni, direttamente dal flusso dell’acqua corrente; quindi, queste ciotole servono davvero? E chi si occuperà di tenerle pulite? E non ci sono rischi per la salute degli animali, se bevono tutti dalla stessa ciotola? E cosa succede quando i nostri amici, per bere, devono praticamente infilare la testa sotto l’acqua, visto che la ciotola si trova direttamente sotto il getto del Nasone?

Facci sapere cosa ne pensi!

Nuove scoperte archeologiche lungo la via Prenestina

Immagine da roma.corriere.it (Foto Mario Proto)

Immagine da roma.corriere.it (Foto Mario Proto)

Sai che a Roma… presente e passato continuano a intrecciarsi?
Questa volta siamo in via Prenestina 911, zona Tor Sapienza, in un’area di cantiere in cui dovrà essere realizzato un autosalone per conto di Valentino Auto, proprietario dell’area.  Google Maps, grazie alla sua street-view risalente a dicembre 2011, ci mostra il vecchio padiglione industriale abbandonato che si trovava qui prima che iniziassero i lavori.

Gli scavi hanno permesso di riportare alla luce 6 mausolei monumentali a pianta quadrata databili alla prima età imperiale (I-II secolo d.C.), numerosi frammenti di decorazioni architettoniche, un tratto di strada basolata e un cimitero di 114 tombe, sia a inumazione che a incinerazione. Non tutte le sepolture erano in buono stato stato di conservazione, in quanto alcune avevano subito danneggiamenti già in epoca antica. In altre però, le ossa si trovavano ancora in connessione e spetterà ora agli antropologi raccontarci, a partire dallo studio degli scheletri e delle deposizioni, la storia e le credenze di questi nostri antenati della Prenestina.

Immagine da Google Maps

Immagine da Google Maps

Le scoperte risalgono al mese di marzo, e le indagini sono proseguite in totale riservatezza fino a pochi giorni fa, quando la Soprintendenza ha confermato la scoperta.

Alla vicenda puramente archeologica si è unito, peraltro, un “caso” che ha suscitato un po’ di trambusto: mentre era in servizio infatti, una pattuglia dei Vigili Urbani ha notato alcuni reperti appoggiati presso il gabbiotto della ditta incaricata dei lavori. Sospettando di trovarsi di fronte a uno scavo clandestino, gli agenti hanno fatto scattare ulteriori controlli e accertamenti, finché la vicenda non è stata chiarita, anche grazie all’intervento della stessa Soprintendenza.

Nonostante la presenza di cimiteri e mausolei sia piuttosto frequente a lato delle grandi vie consolari antiche, questo ritrovamento appare comunque di grande importanza, soprattutto in riferimento alla complessità del sistema di sepolture emerso, e sottolinea ancora una volta quanto ampio sia il potenziale archeologico di tutta l’area romana, dai grandi ai piccoli centri, passando per le aree periferiche senza soluzione di continuità.

Immagine da romadailynews.it

Immagine da romadailynews.it

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Un piccolo Colosseo ritrovato a Genzano

 

Un piccolo Colosseo ritrovato a Genzano

Foto di Luciano Sciurba, tratta da foto.leggo.it

Foto di Luciano Sciurba, tratta da foto.leggo.it

Sai che a Roma… ed esattamente a Genzano, il Colosseo fa il bis?

Sí, perché è proprio a Genzano che è stato ritrovato un anfiteatro decorato con marmi pregiati arrivati da tutto Mediterraneo e di proprietà dell’imperatore Commodo. La struttura misura circa 50 x 40 metri, con l’arena di 35 x 24. Stiamo parlando di una costruzione che poteva contenere piú di 1300 persone (tanto per avere un riferimento, calcola che il Colosseo di Roma poteva ospitare 70.000 spettatori in una struttura di m 188 x 156) e in cui era presente anche un palco imperiale.

La scoperta è avvenuta all’interno del complesso della cosiddetta Villa degli Antonini, la residenza imperiale esistente nel territorio dell’antica Lanuvio, dove nacquero Marco Aurelio e Commodo. Qui, dal 2010, il Center for Heritage and Archaeological Studies della Montclair University (USA), in collaborazione con il comune di Genzano, sta conducendo uno scavo didattico che continua a rivelarsi molto proficuo. Dopo una prima fase di scavo, in cui sono stati riportati alla luce alcuni ambienti termali, l’attenzione degli archeologi si è concentrata su alcune murature curvilinee che davano origine a una struttura ellittica. Le indagini sono quindi proseguite con l’ausilio del georadar, un’apparecchiatura non invasiva che, opportunamente utilizzata, consente, evidenziando le “anomalie” nella propagazione degli impulsi elettromagnetici inviati, di acquisire importanti informazioni su quello che è possibile trovare sotto la superficie terrosa. Ciò che è emerso è quello che è stato già ribattezzato come “il piccolo Colosseo“, databile alla metà del II secolo d.C.

 

Foto di Luciano Sciurba, tratta da foto.leggo.it

Foto di Luciano Sciurba

Ricchissima si presenta la decorazione parietale, con un vasto campionario di marmi, dal giallo antico al granito rosa, dal serpentino al greco scritto e al pavonazzetto. I pavimenti non sono da meno, con mosaici costituiti da tessere in pietra e in pasta vitrea, e addirittura tessere di vetro ricoperte in foglia d’oro. Sotto l’arena, una scala elicoidale porta a un livello inferiore che, per analogia con il Colosseo di Roma, è plausibile pensare che fosse utilizzato per le macchine sceniche che dovevano rendere lo spettacolo ancora più grandioso.

La ricchezza della decorazione, del resto, doveva essere all’altezza di un imperatore: questo sembra infatti essere l’anfiteatro di cui ci parla l’ Historia Augusta, voluto e utilizzato da Commodo per cimentarsi nei combattimenti gladiatori di cui era appassionato.

Infine, a giudicare dalla presenza di di un canale sotterraneo che segue tutto il perimetro dell’arena, sembra che la struttura potesse essere utilizzata anche per le naumachie (battaglie navali). Questa però, al momento, è solo un’ipotesi, quindi non ci resta che aspettare con trepidazione la prosecuzione degli scavi!

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Caffè Notegen

notegen2_Sai che a Roma… un altro luogo carico di fascino e di storia, e che speriamo tu abbia fatto in tempo a conoscere, era il Caffè Notegen?
Il locale si trovava in via del Babuino 150 già dal 1880, anno in cui Jon Notegen (Giovanni, per gli amici italiani…) trasferì qui la drogheria che 5 anni prima aveva aperto in via Capo Le Case. Il signor Notegen era arrivato a Roma da un villaggio svizzero, Tschlin, in cerca di fortuna, e, c’è da dirlo, ebbe una buona ispirazione, perché le cose, per lui, si misero subito piuttosto bene. Nella nuova sede di via del Babuino, rendendosi conto di quanto le persone, oltre alle spezie, apprezzassero anche il caffè, aggiunse alla drogheria anche il bar-caffetteria, la Torrefazione e, nei locali del piano di sotto, usati come deposito, impiantò quella che sembra essere stata la prima fabbrica di marmellate/confetture di Roma. Gli ospiti stranieri del vicino Hotel de Russie, contribuirono poi a rendere noto il nome di Notegen anche all’estero.
Determinanti per il successo del Caffè furono, oltre alla bravura, la spontanea simpatia e la gentilezza del droghiere, al quale nel 1915 subentrò il figlio Nicola. Ed è sotto la sua guida, nel periodo compreso tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, che il Caffè Notegen raggiunse pienamente il successo, affermandosi, insieme ad altri caffè di Roma (il Caffè Greco,Rosati, l’Aragno, il Caffè della Pace, Canova, solo per citarne alcuni), come importante punto di incontro e di ritrovo per molti artisti e intellettuali dell’epoca (che, almeno a giudicare dalla storia dei Caffè, sembra trascorressero gran parte delle loro giornate e serate a fare il giro delle caffetterie di Roma…!). Dal 1937 la terza generazione Notegen iniziò ad accostarsi alla ormai consolidata tradizione di famiglia, fino a prendere in mano le redini dell’attività: negli anni Cinquanta e Sessanta Tommaso, insieme ai fratelli minori Reto e Giovanni, decise quindi di dare impulso alla mescita di liquori, ottenendo direttamente la licenza di importatore: in questo modo gli fu possibile abbattere i costi degli intermediari ed assicurare prezzi inferiori a quelli correnti sul mercato. Le pregiate marche di whisky del Notegen divennero presto famose in tutta la città, mentre la fabbrica di marmellate, a partire dagli anni Cinquanta, fu trasformata in un teatro.

Anche grazie alla vicinanza con la storica via Margutta, il Notegen fu particolarmente apprezzato dagli artisti della capitale, ma sempre in una eclettica mescolanza con le diverse personalità del mondo culturale. Tra i nomi celebri che negli anni hanno frequentato, più o meno assiduamente, il Caffè ricordiamo D’Annunzio (che, a quanto si dice, era solito regalare alle sue amanti proprio le marmellate di Notegen…), Sibilla Aleramo, Carlo Levi, Ennio Flaiano, Alberto Moravia, Fellini, Corrado Cagli, Alfonso Gatto, Zavattini, Bertolucci, Guttuso e Sante Monachesi, Schifano, Corrado Alvaro, Pirandello, Adriano Olivetti, Eva Fischer, Linuccia Saba, Milena Milani, Maria Luisa Spaziani, Josif Brodskij (Nobel per la Letteratura nel 1987), Novella Parigini, Giovanni Spadolini, Sylva Koscina, Giulietta Masina…

Nel 1985, anche a causa di una sopravvenuta e generalizzata crisi che colpì molte attività del centro storico, Tommaso decise di abbandonare il Caffè e di trasferirsi in Spagna. Ci fu una grande mobilitazione, fino a che la questione non fu portata in Consiglio Comunale e poi anche in Parlamento, con la richiesta dei Verdi di salvaguardare “un esercizio di profonde tradizioni e caro da oltre cento anni a intellettuali, personalità dell’arte, della poesia, dello spettacolo”. La soluzione prevede che Notegen si trasformi in una Società: ne fanno parte Reto Notegen e la moglie Teresa, genitori di Claudio, e l’amico Paolo Pederzoli, che si impegnano in questo modo a cercare di mantenere viva l’antica tradizione.

Nel 1988 il locale venne restaurato restituendo alle sale l’aspetto ottocentesco che avevano perso nel corso di lavori precedenti effettuati negli anni Sessanta. La “saletta delle marmellate”, con i suoi intonaci grezzi e le panche di legno rivestite in velluto rosa, iniziò ad essere utilizzata anche per riunioni culturali, presentazioni di libri e reading di poesie. Al piano superiore, tra i tavoli del bar e del ristorante, talvolta, a sancire il profondo legame con il mondo dell’arte e con gli artisti stessi, si allestivano esposizioni di opere d’arte.

Nel 2002, ancora il rischio di chiudere a causa di una ingiunzione di sfratto, dovuta all’impossibilità di far fronte alla richiesta di aumento del canone di affitto da parte dell’Accademia di San Luca, proprietaria del locale gestito da Teresa Notegen. Anche in questo caso, la solidarietà e l’amore dei cittadini per questo storico Caffè, portarono a un interessamento da parte della autorità cittadine, con la possibilità di avere accesso ai finanziamenti della delibera comunale per le botteghe storiche, in modo da riuscire a sostenere le spese di locazione. La situazione sembrò risolta ma purtroppo nella primavera del 2007 giunse lo sfratto esecutivo. Questa volta, inspiegabilmente, tutto passó quasi sotto silenzio, compreso il fatto che poco dopo i sigilli dello sfratto vennero rotti abusivamente, e il Caffè per un periodo fu gestito da qualcuno che approfittó del nome e del lavoro che per più di un secolo la famiglia Notegen aveva svolto con passione e dedizione. Poche le notizie relative a questa assurda vicenda. Quello che oggi, invece, è tristemente sotto gli occhi di tutti è che il Caffè Notegen non c’è più. Al suo posto, un anonimo outlet.

 

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