Sai che a Roma… l’agro di Lanuvio restituisce nuove, importanti scoperte archeologiche? Questa volta però il merito della scoperta non è un vero e proprio merito! Infatti a individuare il sito non sono stati gli archeologi, né uno tra i numerosi gruppi di studenti di archeologia che l’estate popolano il nostro ricco Paese per apprendere quello che per loro, una volta tornati a casa e terminati gli studi, sarà un mestiere e che però stranamente, proprio in Italia, viene considerato poco più che un hobby stravagante (e come tale retribuito…).
A trovare il sito, dicevamo, sono stati i tombaroli, che con metal detector e ricetrasmittenti avevano iniziato a depredare l’area, prima di essere scoperti dal provvidenziale intervento della Guardia di Finanza.
All’interno di un’area privata lasciata incolta (circa 17.000 metri quadrati), murature romane in opus reticolatum e opus incertum e un’infinità di materiali: monete, reperti ceramici, elementi architettonici in marmo e piccole sculture in marmo e in pietra di natura religiosa. Il sito, attivo tra il II secolo a.C. e il II secolo d.C., sembra interpretabile infatti come laboratorio per la realizzazione e la vendita di ex-voto da dedicare alla dea venerata nel vicino santuario di Giunone Sospita (Salvatrice) e sorge proprio lungo la via sacra che conduceva al tempio. Molti degli oggetti appaiono non-finiti, in quanto le rifiniture finali venivano realizzate in un secondo momento, in base alle richieste dell’acquirente. Un’usanza piuttosto comune, per esempio, era quella di dare ai volti delle statue le sembianze dell’offerente stesso.
Gli oggetti sono stati recuperati, e saranno affidati al Museo delle Navi di Nemi, diretto da Giuseppina Ghini, mentre un vero scavo archeologico verrà intrapreso dalla Soprintendenza archeologica del Lazio, guidata da Elena Calandra.
Ciò che invece non sarà più possibile recuperare sono i dati scientifici che il sito avrebbe potuto restituire se fosse stato scavato seguendo il metodo stratigrafico utilizzato dagli archeologi (ma non dai tombaroli, appunto…). Ci teniamo a precisarlo, perché spesso non è ben chiaro quale sia il ruolo dell’archeologo e in cosa questo professionista si differenzi da un tombarolo, a parte il non trafugare i reperti per venderli illegalmente… L’archeologo compie un lavoro di ricostruzione storica, riconoscendo e documentando in modo scientifico tutti gli indizi presenti sul terreno e interpretandoli per ricostruire le vicende di un sito. Gli oggetti ritrovati hanno per l’archeologo un valore che non c’entra nulla con quello commerciale: sono fondamentali indicatori cronologici, possono aiutare a ricostruire la destinazione d’uso di un ambiente, permettono di ricostruire gli scambi commerciali e culturali di una comunità antica, danno informazioni sulle tradizioni e sulla vita dei nostri antichi predecessori. Ma per fare tutto questo, i reperti devono essere studiati in relazione ai diversi strati di terra in cui si trovavano. Fare un buco a caso ed estrarre un oggetto non è fare archeologia. Questo differenzia l’archeologo dal tombarolo, e questo è il motivo per cui un sito depredato dai tombaroli è un pezzo di storia in meno per tutti.
Terminato questo sfogo fuori-tema, torniamo alla notizia…
Il sito si trova piuttosto vicino al Santuario di Giunone Sospita e non lontano da dove, già a luglio 2012, le Fiamme Gialle avevano interrotto un altro scavo clandestino relativo a una stipe votiva: con ogni probabilità la stipe in cui finivano gli oggetti prodotti nell’officina appena venuta alla luce. La scoperta è il frutto di un lavoro di indagine che dura da mesi e che, in quattro diverse operazioni delle Procure di Roma e Velletri, ha già consentito il recupero di circa 500 opere e alla denuncia di 5 persone. Ora, grazie all’operazione “Giunone”, il Gruppo Tutela Patrimonio Archeologico di Roma, guidato dal tenente colonnello Gavino Putzu e dal maggiore Massimo Rossi, restituisce l’area alla Soprintendenza archeologica del Lazio che, con la guida di Elena Calandra, potrà proseguire in modo appropriato le indagini su questo strabiliante sito di indiscussa rilevanza scientifica.
Lo ricordiamo, più di 24.000 reperti sono stati recuperati, ma, senza nulla togliere al merito delle Fiamme Gialle, non possiamo che sospirare al pensiero di quanti ne siano già scomparsi, nei giorni precedenti, alla volta del mercato clandestino…
Sabato scorso (24 agosto 2013) è spuntato un soffione nella rotatoria di via Coccia di Morto a Fiumicino. Si era pensato a una sorta di geyser, poi era stato interpretato come una sacca di anidride carbonica. Si è continuato a monitorare la zona e ora, nonostante l’intensità del getto si sia ridotta, il diametro della buca si è allargato: siamo di fronte a un piccolo vulcano, da cui escono anidride carbonica, gas metano e ora anche del fango grigio e denso, mentre l’odore è quello tipico delle zone solforose. In pratica, è la stessa composizione che è cambiata, mentre i getti emessi raggiungono i 3 metri di altezza.
“Vulcanetto di fango”: così lo ha definito Maria Luisa Carapezza, vulcanologa dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia dell’università Roma Tre.
Geologi e vulcanologi, insieme ai tecnici dell’Arpa e alla Protezione Civile, continuano a tenere sotto controllo il fenomeno e ritengono che a far emergere questo mini-vulcano possa essere stato uno smottamento del terreno. E chissà cos’altro verrà fuori…
Sai che a Roma… sono ancora ignote le origini di un soffione alto fino a 5 metri che si è improvvisamente manifestato, nella notte tra il 23 e il 24 agosto, nella zona di Fiumicino?
Siamo in via Coccia di Morto a Fiumicino, presso l’Areoporto Leonardo Da Vinci, al centro della nuova rotatoria. Tre squadre di tecnici, l’Arpa Lazio e il nucleo speciale Nbcr (Nucleo Rilevamento Batteriologico e Chimico) dei Vigili del Fuoco sono al lavoro già da qualche ora, nel tentativo di comprendere l’origine di questo geyser e interromperlo. L’odore emanato è forte, simile, a quanto riferiscono i residenti della zona, allo zolfo. L’amministrazione comunale parla di “fenomeno naturale” dovuto a una sacca di anidride carbonica. Effettivamente, dopo i primi timori che potesse trattarsi di esalazioni nocive, specie se respirate da vicino e per un tempo prolungato, sembra che questi soffioni derivino da una sacca di anidride carbonica, con idrogeno solforato e una piccola percentuale di gas metano.
Aggiornamento:Sembra ormai accertato che le esalazioni non siano costituite da biogas, come riportato invece in precedenza da alcuni giornali (e anche da noi…), ma di gas di origine profonda.
Il fenomeno si sta esaurendo, e in ogni caso, continua il monitoraggio dell’area.
Del tutto improbabile l’ipotesi che a favorirne la risalita possano essere stati i carotaggi (campionamenti di terreno prelevati in profondità) effettuati nei giorni scorsi e funzionali alla progettazione di un contestatissimo sottopasso del Tevere. Piuttosto, sembra che le emissioni possano essere state facilitate da lavori, effettuati proprio nella rotonda, per la messa a noma di alcune condutture dell’Italgas e nel corso dei quali si sono compiute perforazioni piuttosto profonde.
Continua intanto l’osservazione degli esperti, mentre all’equipe si sono aggiunti anche i vulcanologi Franco Barberi e Marcello Caparezza.
Aggiornamento 26 agosto: Continua ad essere monitorata la fuoriuscita di gas al centro della rotatoria di via Coccia di Morto: l’area è stata transennata e una recinzione coprente alta circa 2 metri evita che i curiosi, passando, possano causare rallentamenti al traffico. La fuoriuscita di gas si è ormai notevolmente ridotta, ma i controlli e la presenza di Vigili urbani e Protezione Civile si protrarranno anche nei prossimi giorni.
Sai che a Roma… sul Grande Raccordo Anulare e sulla Roma-Fiumicino è attiva una coppia di truffatori?
Sembra che i due, un uomo e una donna, lancino dei sassi alle vetture, cercando poi di fermarle affermando che la loro auto sia stata colpita da quella della vittima del raggiro. Mentre uno di loro parla con l’automobilista, l’altro finge di controllare la parte della macchina che avrebbe colpito la loro, tingendola in realtà con della vernice (del colore della loro auto) per rendere più credibile la loro storia. Il passo successivo, ovviamente, è quello di cercare di ottenere subito dei soldi in contanti, evitando sia di coinvolgere l’assicurazione (il cui premio poi aumenterebbe), che di perdere tempo aspettando l’arrivo dei Vigili.
Alla Polizia stradale sono pervenute varie segnalazioni, e in base all’identikit ricostruito in base alle testimonianze, in questi giorni gli agenti stanno dando la caccia ai due imbroglioni.
Purtroppo non siamo in grado di dirti che auto sia quella utilizzata dalla coppia, ma in realtà questo dettaglio non è molto significativo, perché truffe di questo genere sono piuttosto frequenti. Cogliamo solo l’occasione per ricordarti di fare attenzione, e, in caso di incidente reale o presunto, chiamare immediatamente le forze dell’ordine, evitando anche di scendere dalla macchina, perché tra i tanti tipi di “raggiri stradali” c’è anche quello che prevede che appena il guidatore scende dalla macchina lasciandola incustodita, un complice dell’altro automobilista intervenga immediatamente per rubare cellulari, portafogli e ogni oggetto di valore che potrebbe trovarsi all’interno dell’abitacolo (se non la macchina intera!).
Già che siamo in tema, vogliamo informarti anche di un altro pericoloso stratagemma di cui abbiamo sentito parlare: qualcuno tira delle uova sul parabrezza delle auto in transito: azionando i tergicristalli e lo spruzzatore d’acqua, si forma una patina collosa che impedisce completamente la visibilità. A quel punto il guidatore (molto spesso i bersagli sono donne…) è costretto a fermarsi e a scendere per pulire il vetro, e i malintenzionati hanno così gioco facile per furti, rapine o aggressioni.
Quindi, lo ripetiamo, attenzione. Informa più persone che puoi, e non farti fregare!
Sai che a Roma… presente e passato continuano a intrecciarsi?
Questa volta siamo in via Prenestina 911, zona Tor Sapienza, in un’area di cantiere in cui dovrà essere realizzato un autosalone per conto di Valentino Auto, proprietario dell’area. Google Maps, grazie alla sua street-view risalente a dicembre 2011, ci mostra il vecchio padiglione industriale abbandonato che si trovava qui prima che iniziassero i lavori.
Gli scavi hanno permesso di riportare alla luce 6 mausolei monumentali a pianta quadrata databili alla prima età imperiale (I-II secolo d.C.), numerosi frammenti di decorazioni architettoniche, un tratto di strada basolata e un cimitero di 114 tombe, sia a inumazione che a incinerazione. Non tutte le sepolture erano in buono stato stato di conservazione, in quanto alcune avevano subito danneggiamenti già in epoca antica. In altre però, le ossa si trovavano ancora in connessione e spetterà ora agli antropologi raccontarci, a partire dallo studio degli scheletri e delle deposizioni, la storia e le credenze di questi nostri antenati della Prenestina.
Immagine da Google Maps
Le scoperte risalgono al mese di marzo, e le indagini sono proseguite in totale riservatezza fino a pochi giorni fa, quando la Soprintendenza ha confermato la scoperta.
Alla vicenda puramente archeologica si è unito, peraltro, un “caso” che ha suscitato un po’ di trambusto: mentre era in servizio infatti, una pattuglia dei Vigili Urbani ha notato alcuni reperti appoggiati presso il gabbiotto della ditta incaricata dei lavori. Sospettando di trovarsi di fronte a uno scavo clandestino, gli agenti hanno fatto scattare ulteriori controlli e accertamenti, finché la vicenda non è stata chiarita, anche grazie all’intervento della stessa Soprintendenza.
Nonostante la presenza di cimiteri e mausolei sia piuttosto frequente a lato delle grandi vie consolari antiche, questo ritrovamento appare comunque di grande importanza, soprattutto in riferimento alla complessità del sistema di sepolture emerso, e sottolinea ancora una volta quanto ampio sia il potenziale archeologico di tutta l’area romana, dai grandi ai piccoli centri, passando per le aree periferiche senza soluzione di continuità.
Pavimento in opus sectile nel parco dei Ravennati di Ostia Antica Foto da La Repubblica
Sai che a Roma… nuovi regali sono emersi dal sottosuolo di Ostia Antica? Gli scavi condotti dai numerosi studenti di 14 università americane e canadesi e dalla Soprintendenza Speciale Archeologica di Roma-Ostia nell’area del parco dei Ravennati, non lontano dal castello di Giulio II, hanno riportato alla luce un mausoleo databile tra il primo secolo a.C. e il primo secolo d.C. e una domus tardoantica (IV secolod.C.).
I risultati dello scavo, che in realtà è iniziato tra settembre e dicembre del 2012 e che è stato ripreso tra giugno e luglio scorsi, sono stati presentati il 19 luglio dalla responsabile della Soprintendenza Speciale archeologica di Roma per Ostia Antica, dott.ssa Paola Germoni, insieme all’archeologo dott. Darius Arya, direttore dell’American Institute for Roman Culture che ha coordinato il lavoro degli studenti. Le indagini sono state condotte in due punti del parco, dando subito eccezionali risultati. La prima struttura è relativa a un mausoleo a pianta circolare esterna del diametro di oltre 5 metri e rivestito in blocchi di travertino; la sua realizzazione risale alla fine del periodo repubblicano o alla prima età imperiale, ma presenta fasi di riutilizzo che arrivano fino al V secolo d.C. La ripartizione interna invece restituisce un ambiente di forma ottagonale. Al suo interno è stata scoperta una sepoltura con due corpi, un adulto e un bambino, mentre a sud del monumento erano presenti altre sepolture infantili che sembrano risalire al IV-V secolo d.C. Negli strati già sconvolti, gli archeologi hanno trovato anche alcuni frammenti di ornamenti in osso lavorato che fanno ipotizzare che nel mausoleo esistessero delle lettighe funerarie (spesso decorate con applicazioni in osso), purtroppo depredate in un’epoca imprecisata. Il mausoleo, secondo la consuetudine antica, sorge a lato di una strada basolata, probabile prosecuzione della via dei Sepolcri prospiciente gli scavi di Ostia Antica.
Mausoleo nel parco dei Ravennati di Ostia Antica Foto da roma.corriere.it
Poco lontano, sotto un cumulo di immondizia e poche decine di centimetri sotto il piano attuale, un’altra sorpresa: una muratura tardoantica delimita i resti di una sorprendente pavimentazione in marmi policromi (opus sectile) disposti a creare una decozione geometrica di cerchi e rettangoli. Al momento questi resti sono stati interpretati come parte di una ricca domus privata.
Le indagini, che contribuiranno a ricostruire la storia di quest’area poco conosciuta del suburbium di Ostia, proseguiranno nel 2014.
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