Caffè Rosati a piazza del Popolo
Sai che a Roma… tra i caffè storici c’è anche il caffè Rosati in piazza del Popolo?
Benché non sia esattamente tra i caffè più antichi della della capitale, il caffè Rosati in piazza del Popolo ha comunque acquisito lo status di “storico” sia per l’importanza che ha assunto nell’ambiente culturale romano del Novecento, sia per una ormai effettiva sopravvenuta anzianità che è, in ogni caso, di tutto rispetto: l’apertura di Rosati risale infatti al 1922!
Negli ultimi tempi, purtroppo, il caffè Rosati ha spesso raggiunto gli onori della cronaca a causa dei suoi prezzi che, pur considerando la posizione più che privilegiata , risultano davvero eccessivi, lasciando ai clienti l’amara sensazione di essere finiti nell’ennesima trappola per turisti. L’ultimo episodio risale a pochi giorni fa, con 17,55 euro pagati per due caffè e una micro-bottiglietta d’acqua.
Di sicuro sono lontani i tempi in cui lo sceneggiatore Ugo Pirro, come lui stesso raccontò, poteva sedersi ai tavolini, incontrare Pasolini ed Elsa Morante, e non ordinare neanche un bicchiere d’acqua!
Nonostante la deprecabile caduta di stile del locale, ci sembra comunque il caso di ripercorrere la storia di questo luogo cosmopolita e stimolante, che ha accolto i protagonisti della cultura italiana letteraria ed artistica di gran parte del XX secolo, assistendo alla nascita di dibattiti, idee, soggetti e intere sceneggiature e che ha dato ospitalità alle menti più feconde che si trovavano a Roma.
All’inizio del Novecento, al posto del caffè Rosati, c’era una semplice ma apprezzata latteria, che aveva già inaugurato una tradizione legata alla freschezza e genuinità dei suoi prodotti. Nel 1922 due fratelli acquistarono la latteria, trasformandola. Essi non erano né inesperti, né sprovveduti, in quanto facevano parte di quella famiglia Rosati che aveva già aperto, nel 1911, un caffè (anch’esso caffè Rosati) piuttosto frequentato in via Veneto; ben presto quindi, il loro divenne uno dei caffè più famosi di Roma. Già dagli anni Trenta iniziò ad annoverare, tra i propri affezionati, i pittori della vicina via Margutta e, in qualche occasione, sembra che anche il grande Trilussa abbia sostato tra questi tavoli. Se fino alla metà degli anni Quaranta i luoghi preferiti dagli intellettuali romani erano il caffè Aragno e il caffè Greco, Rosati iniziò ben presto ad affermarsi come una valida alternativa, raggiungendo nel secondo dopoguerra l’apice della popolarità. Uno dei primi letterati che scelsero Rosati come luogo preferito per le proprie riunioni colte fu il poeta Vincenzo Cardarelli. Negli anni Cinquanta e Sessanta era frequente incontrare Pier Paolo Pasolini, Alberto Moravia con la moglie Elsa Morante, tanti cineasti e artisti come Giosetta Fioroni, Angeli, Festa e Schifano. Ancora,
nel tempo, citiamo i nomi di Talarico, Mazzacurati, Flaiano, Franco Monicelli, Trombadori, De Chirico, Guttuso, Bartoli, Maccari, Libonati, il gruppo del Mondo, e spesso anche Rossellini. Non era raro trovarci Fellini, che veniva a incontrare Flaiano, Simone de Beauvoir che parlava fitto fitto con Sartre, Carlo Levi, Vittorini, Cascella, Marina Lante della Rovere, Luccichenti, Vittorio Caprioli, Mazzarella, Franca Valeri, Gassman, Bernardo Bertolucci… Questa speciale commistione tra arte, letteratura, cinema ha fatto di questo luogo un polo culturale di primissima categoria. Almeno fino agli anni Settanta, quando iniziò una sorta di decadenza, non solo dei caffè, ma, per certi versi, anche della cultura in generale (e forse non ne è estraneo lo strapotere che sempre più inizierà ad assumere la televisione…). Il pittore Bruno Caruso racconta che Flaiano e Mezzocamino, guardando dalla piazza la nuova clientela di Rosati, composta ormai da giovani capelloni che avevano come massima aspirazione quella di partecipare come controfigura a qualche film western italiano, abbiano commentato, sprezzanti: “Credono di essere noi!”
Da Rosati si andava per l’aperitivo, mentre le signore della buona borghesia si fermavano spesso per un tè pomeridiano o, la domenica mattina, dopo la messa, per comprare le paste (le pastarelle, a Roma!). L’estate, poi, le chiacchierate dopo cena, al fresco del ponentino, magari con un gelato o sorseggiando una bibita, erano quasi un obbligo. All’una e mezza o alle due Rosati chiudeva, ma erano altri tempi, e i tavoli potevano essere lasciati fuori, così discorsi, progetti e discussioni potevano proseguire, tra i più nottambuli, fino alle tre o alle quattro di mattina.
L’interno del locale era, ed è, elegantemente arredato, con ricche boiserie e mobili pregiati. Anche i lavori di ristrutturazione hanno rispettato l’antico allestimento, lasciando ogni cosa esattamente al suo posto, tanto che i mobili sono stati fatti restaurare a Firenze, dove erano stati fabbricati! Il Trombadori non mancò di sottolineare l’evento della riapertura con i seguenti versi:
S’ariapre Rosati, allegramente!
M’ero messo pavura che chiudeva
domani invece ce sarà più gente
de quanta prima già se lo godeva.
In tempi de talento scarseggiante
un Caffè con la Storia su le mano
è un richiamo
‘no specchio stimolante
Un’ultima curiosità, è ancora legata all’eclettico Flaiano e alla sua pungente ironia. Egli infatti diceva che davanti a Rosati c’era sempre una buca con la scritta “Lavori in corso” e che per capire di quali lavori si trattasse, sarebbe stato necessario svelare i segreti politici della città!
Insomma, a restare sempre uguali non sono solo i mobili di Rosati…
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