9 Mag, 2017 | Cosa Fare, Featured
Sai che a Roma… con la mostra Cross the Streets il MACRO racconta 40 anni di Street Art e Writing?
Con questa mostra (dal 7 maggio al 1° ottobre 2017) gli spazi del museo mirano a storicizzare il fenomeno della Street Art e del Writing, ripercorrendone l’evoluzione da simbolo di controcultura a vero e proprio movimento artistico. Un movimento che include stili e tecniche diversi, dai graffiti agli stencil e alla fotografia, arrivando a diventare un’importante fonte di ispirazione per molti settori della vita contemporanea, come la moda, la pubblicità, la musica e il cinema.
Paulo Lucas von Vacano, ideatore e curatore di Cross the Streets, afferma che “La rivoluzione avviene quando la strada entra nel museo e il museo si trasferisce nella strada. Chi sopravvive alla strada governa il mondo!”. Ma bisogna anche ricordare che sulla compatibilità tra Street Art e Museo, non tutti gli street artists sarebbero d’accordo… (per esempio l’artista Blu nel 2016 ha scelto di cancellare le proprie opere dai muri di Bologna per protestare contro la privatizzazione e mercificazione della creatività, incarnate in una mostra sulla street art organizzata a Palazzo Pepoli).
Nell’indagare il potere espressivo, la forza mediatica e la capacità magnetica di questa forma espressiva, Cross the Streets ne ripercorre la storia, con uno zoom particolare sull’evoluzione del graffitismo romano.
Le opere esposte sono più di 200 e comprendono i lavori di artisti come
Mike Giant,
WK Interact,
Sten and Lex,
Will Barras,
Cope2,
Jeremy Fish,
Doze Green,
Roa,
Chaz,
Swoon,
Fafi,
Koralie,
Bo130,
Miss Van,
Hyuro,
Microbo,
Galo,
2501,
Invader,
Moneyless,
Giacomo Spazio,
Solomostry,
Shepard Fairey,
Agostino Iacurci,
Diamond,
Lucamaleonte e
Mosa One, tra gli altri.
Il movimento del
pop surrealism è invece rappresentato dai lavori di
Ray Caesar,
Marion Peck,
Mark Ryden,
Camille Rose Garcia,
Yosuke Ueno,
Kazuki Takamatsu, and
Ron English’s toys.
La mostra è divisa in 4 sezioni.
In Street Art Stories, all’ingresso, si ripercorre la nascita e l’evoluzione del movimento attraverso alcune rappresentative opere di autori quali WK Interact, presente con un’installazione site specific di 14 metri, Invader (suoi i famosi mosaici che nel 2010 colorarono i muri di Roma), Obey the Giant (vero nome Shepard Fairey), il cui Middle East Mural viene esposto per la prima volta in Europa).

L’opera di Keith Haring sullo zoccolo del Palazzo delle Esposizioni a Roma
Keith Haring Deleted è una sezione fotografica (foto di Stefano Fontebasso De Martino) dedicata a due interventi artistici realizzati da Keith Haring a Roma, ma purtroppo irrimediabilmente cancellati. Si tratta delle opere realizzate sullo zoccolo del Palazzo delle Esposizioni (1984) e sui pannelli trasparenti che affiancano la linea della metropolitana A nel punto in cui attraversa il Tevere. La prima opera fu cancellata in occasione della visita del presidente russo Gorbaciov a Roma nel 1992, mentre la seconda fu fatta cancellare addirittura nel 2000, perché occultava la vista del Tevere. Sempre consapevoli e lungimiranti, gli amministratori capitolini…!
La sezione Writing in Rome 1979-2017 è stata pensata invece per approfondire lo stretto rapporto esistente fra la città di Roma e il mondo dei graffiti e del writing, anche considerando che Roma ospitò, nel 1979, la prima mostra di graffiti che si tenne fuori dagli Stati Uniti (galleria La Medusa). Qui sono esposte anche alcune opere di Lee Quinones e Fab 5 Freddy , che per quasi 40 anni sono state credute disperse. Interessante ricordare anche come Roma, almeno fino alla metà degli anni ’90, fosse una delle metropoli più ambite dai writers internazionali. Sai perché? Perché, a differenza di quanto avveniva nelle altre città, i vagoni della metropolitana su cui gli artisti realizzavano le loro opere non venivano ripuliti! I pezzi realizzati, quindi, potevano avere una lunga vita e, di sicuro, qualcuno sopravvive ancora oggi!
Per finire, Fuck you All rende omaggio ai grandi eventi che hanno accompagnato e segnato in modo indelebile la costituzione di questo movimento, come ad esempio la nascita dell’Outdoor Festival e la mostra Fuck You All di Glen Friedman (1998) le cui opere sono qui esposte.
Tra gli appuntamenti che avranno luogo durante la durata della mostra Cross the Streets, segnaliamo quello del 20 maggio, quando l’artista JBRock realizzerà un raro esempio di art sharing durante l’evento speciale intitolato “The Moleskine Black Wall“. L’opera, “Moleskine, il tuo universo”, verrà prodotta su un muro di 12 metri composto da 960 classici taccuini Moleskine. Gli stessi usati correntemente dai writers per preparare gli sketch dei loro lavori e chiamati appunto Black Book.
Dal 14 maggio, poi, sarà in programma la Sky Arte Arena, ovvero 10 proiezioni dedicate alla street art che si terranno all’interno dell’auditorium di Odile Decq. Verranno presentate opere come Dismaland – La giostra crudele di Banksy, Graffiti a New York e Ronnie Cutrone – Everything is a cartoon for me. L’ingresso alle proiezioni è gratuito per il pubblico in possesso del biglietto di ingresso alla mostra.
Di seguito, una gallery con alcune delle opere esposte nel corso di Cross the Streets:
Dove: MACRO (Museum of Contemporary Art) di via Nizza, 138
Quando: dal 7 maggio al 1° ottobre 2017
Orari: da martedì a domenica, 10.30-19.30 (la biglietteria chiude un’ora prima). Chiuso il lunedì.
Biglietti: 10 euro (9 euro per i residenti nel territorio di Roma Capitale). Previste riduzioni.
Web: vai al sito
Info: +39 060608 (tutti i giorni ore 9.00-19.00)
4 Apr, 2017 | Cosa Fare
Sai che a Roma… il Roseto Comunale riapre dal 21 aprile al 18 giugno 2017?
Anche quest’anno lo splendido Roseto Comunale della Capitale torna ad offrire ai visitatori un grande spettacolo della natura: circa 1.100 specie di rose che con i colori e i loro profumi rendono questo angolo di città una specie di Paradiso Terrestre.
Qui puoi trovare rose provenienti da ogni angolo del mondo, alcune delle quali piuttosto curiose, come la Rosa Chinensis Virdiflora, con la sua caratteristica colorazione verde, o la Rosa Chinensis Mutabilis, che, come dice il nome, assume colori diversi man mano che passano i giorni, o ancora la Rosa Foetida, anch’essa con un nome che ti fa già intuire la sua bizzarra caratteristica… (maggiori informazioni sulla collezione delle rose)
In questo felice periodo primaverile il Roseto è aperto tutti i giorni, compresi i festivi, dalle 8.30 alle 19.30. Unica eccezione, il 20 maggio, giorno in cui sarà al lavoro la giuria che decreterà la rosa vincitrice del Concorso Internazionale Premio Roma. Dal 21 maggio potrai visitare anche la parte inferiore del giardino, cioè quella del concorso. Lì troverai le rose che hanno preso parte alla manifestazione e una zona in cui sono raccolte tutte le rose che hanno vinto le edizioni passate (il Premio si svolge dal 1933).
L’ingresso al Roseto è gratuito, e lo sono anche le visite guidate, per le quali però è necessario prenotarsi all’indirizzo email rosetoromacapitale@comune.roma.it oppure al numero 06-5746810.
L’area in cui sorge il Roseto, sulle pendici dell’Aventino, è dedicata ai fiori già dal III secolo a.C., quando, racconta Tacito, esisteva un tempio dedicato alla dea Flora. Successivamente e fino alla metà del XVII secolo, la zona fu sistemata a orti e vigne, fino a diventare, nel 1645, il cosiddetto Orto degli Ebrei, che comprendeva anche il cimitero della Comunità. Quando il cimitero, nel 1934, fu trasferito al Verano, il luogo fu abbandonato, finché nel 1950 non divenne la sede definitiva del Roseto Comunale, la cui precedente sede, sul Colle Oppio, andò distrutta a causa della seconda guerra mondiale.
Le antiche sepolture e la stessa comunità ebraica, che aveva concesso di realizzare il roseto in un luogo sacro, al momento della realizzazione del roseto vennero omaggiate in un modo piuttosto originale, e cioè nascondendo una Menorah all’interno del giardino. Vuoi saperne di più? Leggi La Menorah nascosta.
29 Mar, 2017 | Cosa Fare
Sai che a Roma… la mostra “Spartaco. Schiavi e padroni a Roma” fa molto riflettere sull’organizzazione economica e sociale dell’antica Roma?
La mostra si tiene presso lo spazio espositivo dell‘Ara Pacis dal 31 marzo al 17 settembre 2017 e affronta un tema complesso e delicato.
Grazie a 250 reperti archeologici provenienti da musei italiani e internazionali e a una serie di installazioni audio e video è possibile comprendere la realtà della condizione degli schiavi nell’antica Roma, proprio a partire dall’epoca (73-71 a.C.) della rivolta del celebre schiavo-gladiatore Spartaco.
Lo schiavo trace e gladiatore Spartaco portò alla ribellione i suoi compagni della scuola gladiatoria di Capua . A loro si unirono altri schiavi, poveri ed emarginati. Questo esercito improvvisato riuscì a combattere per tre anni contro le forze di Roma (che all’epoca era ancora una Repubblica), finché dovette cedere. Spartaco morì in battaglia e il suo corpo non fu mai ritrovato, mentre gli altri ribelli, a migliaia, furono crocifissi lungo i margini della via Appia tra Roma e Capua (odierna Santa Maria Capua Vetere).
Nella Roma tardo repubblicana e imperiale la schiavitù era uno dei cardini economici della società, e quello dell’antica Roma fu il più grande sistema schiavistico della storia. Si calcola che dei 50-60 milioni di persone che componevano la popolazione dell’Impero, circa 6-10 milioni fossero schiavi.
Ma come erano considerati gli schiavi? I Romani erano consapevoli del fatto che senza la loro forza-lavoro, probabilmente l’Impero non sarebbe mai diventato la grande potenza che tutto il mondo conosce? Quante e quali differenze c’erano fra i diversi tipi di schiavi? Qual era, all’epoca dei Romani, l’idea di schiavitù? Il fatto di ridurre in schiavitù le persone, era considerato inumano già all’epoca? Come facevano i Romani per cercare di impedire che gli schiavi si ribellassero?
Fornendoci dettagli sulla condizione degli schiavi nell’antica Roma, la mostra stimola importanti riflessioni e cerca di fornire alcune risposte su un argomento che da sempre divide le opinioni degli storici in merito alla grandezza della Civiltà Romana.
I reperti esposti provengono da: Museo Civico di Castel Nuovo – Maschio Angioino (Napoli); Fondazione Brescia Musei – Museo di Santa Giulia; Museo Archeologico dei Campi Flegrei, Baia (NA); Museo Archeologico Nazionale di Napoli; Servizio Soprintendenza Beni Culturali ed Ambientali di Messina; Museo Nazionale di Capodimonte (Napoli); Museo Nazionale Romano in Palazzo Altemps, Terme di Diocleziano e Palazzo Massimo (Roma); Soprintendenza Archeologica di Pompei; Gallerie Estensi (Modena); Accademia di S. Luca (Roma); Musei Vaticani; Galleria Tretyakov (Mosca); Museo del Louvre (Parigi); Museo Archeologico Nazionale di Madrid; Museo Romano-Germanico di Colonia.
10 fotografie (opere di Lewis Hine, Philip Jones Griffith, Patrick Zachmann, Gordon Parks, FulvioRoiter, Francesco Cocco, Peter Magubane, Mark Peterson e Selvaprakash Lakshmanan) costituiscono invece un atto di denuncia nei confronti dello schiavismo post-industriale e contemporaneo. Attraverso queste immagini forti e toccanti si cerca di richiamare l’attenzione dei visitatori sui circa 21 milioni di persone che ancora oggi sono costrette a vivere in condizione di schiavtù.
La mostra è curata da Claudio Parisi Presicce, Orietta Rossini e Lucia Spagnuolo.
Dove: Museo dell’Ara Pacis, spazio espositivo. Lungotevere in Augusta (angolo via Tomacelli)
Quando: dal 31 marzo al 17 settembre 2017
Orario: tutti i giorni 9.30 – 19.30 (ingresso fino alle 18.30). Si consiglia di verificare eventuali modifiche temporanee a questo link. Chiuso il 1° maggio.
Biglietti: intero “solo mostra”: 11 euro
ridotto “solo mostra”: 9 euro
intero “Museo dell’Ara Pacis + mostra”: 16 euro per i residenti a Roma, 17 euro per i non residenti
ridotto “Museo dell’Ara Pacis + mostra”: 12 euro per i residenti a Roma, 13 euro per i non residenti
Previste riduzioni e gratuità (consulta questa pagina)
Biglietteria online: acquista a questo link
Info e prenotazioni: + 39 060608 (tutti i giorni dalle 9.00 alle 21.00) al costo di una telefonata urbana
Web: Pagina web della mostra
4 Apr, 2017 | Mangiare & Bere
Sai che a Roma… la Sagra del Carciofo Romanesco, che rappresenta uno degli appuntamenti più attesti della primavera, è ormai alle porte?
La 67ª edizione della Sagra del Carciofo Romanesco, anche detto “mammola“, si svolge, come tradizione vuole, a Ladispoli, e quest’anno si terrà dal 7 al 9 aprile.
Il carciofo (Cynara carduluncus) è una pianta dalle numerose proprietà organolettiche e terapeutiche, già conosciuta nella sua forma selvatica dagli antichi egizi, dagli etruschie e dai romani, e lo stesso nome di Cynara deriverebbe dal nome di una bellissima fanciulla. Giove se ne innamorò, ma la gelosia lo tormentava così tanto che alla fine decise di trasformarla in un ortaggio. Nacque così il carciofo, che con il suo colore richiama il gli occhi della ragazza e con le sue spine (assenti però nella variante romanesca) indica le pene che il dio dovette patire. Quasi scontato, a questo punto, appare il rapporto tra il tenero cuore (cimarolo) del carciofo e la dolcezza della giovane fanciulla. Serve specificare che, anticamente, a questa pianta si attribuivano poteri afrodisiaci? 😉
Il nome attuale dell’ortaggio deriva invece dall’ arabo al-kharshûf, e non è un caso che una delle zone in cui si coltivano più carciofi sia proprio la Sicilia, regione che ha sempre potuto vantare importanti scambi con il mondo arabo e che, in particolare, fu dominata dagli Arabi tra l’827 e il 1091.
Ma torniamo alla nostra sagra… Carciofo, ma non solo, perché questo appuntamento è un evento enogastronomico in cui è possibile trovare diversi prodotti locali e piatti della cucina romanesca, ma anche altre tipicità provenienti da molte regioni d’Italia che, in un Paese in cui il cibo è parte integrante del patrimonio nazionale, si riuniscono a Ladispoli per festeggiare tutte insieme quel prezioso dono della natura che è il carciofo, vero protagonista dell’evento.
Il Carciofo Romanesco è grosso, di forma tondeggiante, ha poco scarto ed è perfetto da fare ripieno. “alla romana”, cotto a fuoco lento e condito con pangrattato, aglio, prezzemolo, pepe e abbondante olio, oppure alla “giudia”, tagliato a spirale in modo da eliminare la parte legnosa, fritto nell’olio con il gambo in alto e bello croccante.
Presso i numerosi stand, oltre ad ammirare strabilianti sculture “carciofesche”, potrai assaggiare il carciofo in molteplici varianti: fritto, lesso, grigliato, abbinato ad altri cibi o preparato in forma di salsa. Se non ti è ancora venuta l’acquolina in bocca, provvediamo subito ad accennarti qualche nome evocativo, tipo carciofi alla Giudìa (fritti nell’olio), carciofi alla romana (con pangrattato, aglio, prezzemolo e olio), carciofi ripieni… Come va con l’appetito, adesso?
In occasione della sagra, sono previsti spettacoli, concerti, cabaret e, per chiudere in bellezza, gli immancabili fuochi d’artificio! Del resto, la Sagra del Carciofo Romanesco può vantarsi di essere la 6ª Fiera Nazionale della Regione Lazio, e richiama una grande affluenza di pubblico.
Già prima dell’inizio ufficiale della Sagra comunque, nell’ambito della “Bi-Settimana Gastronomica“, alcuni ristoranti della cittadina offrono menu turistici a prezzo fisso, completamente a base di carciofi.
Ti ricordiamo, infine, che il carciofo romanesco ha ottenuto dal 2002 l’Indicazione Geografica Protetta (IGP) come “Carciofo Romanesco del Lazio IGP“.
Ecco il programma di quest’anno:

Info: 06-9913049
E-mail: info@prolocoladispoli.it