1 Lug, 2013 | sai che a Roma...
Chiuso Frascati!
Sai che a Roma… questo modo di dire, che significa che una questione è chiusa, che non c’è altra via di uscita e che non ci sono più possibilità, è nato nel 1856? Questo è infatti l’anno in cui è stata inaugurata la ferrovia Roma-Frascati, prima linea ferrata dello Stato Pontificio: qualche giorno dopo l’inaugurazione, passata una prima fase di diffidenza, i curiosi erano talmente tanti che tutti i posti disponibili sui treni andavano regolarmente esauriti, così che il bigliettaio era costretto a chiudere lo sportello gridando “Frascati, chiuso!” e indicando così a quanti ancora restavano sulla banchina, che fino al treno successivo non c’era nulla da fare!
Per essere precisi, nel 1856 la ferrovia si fermava a qualche chilometro prima della nota località dei Castelli, ed esattamente in località Campitelli. La partenza da Roma avveniva invece da Porta Maggiore, area esterna alle mura e che all’epoca era considerata quasi aperta campagna. Tutto ciò ispirò la sagace romanità, secondo la quale quello era il “treno lumaca, che non parte da Roma e non arriva a Frascati“! Bisognerà attendere il 1884 per vedere la ferrovia effettivamente prolungata fino a Frascati, con la realizzazione della nuova stazione proprio al posto di quella attuale.
28 Giu, 2013 | Cosa Fare
Sai che a Roma… abbiamo il nostro Globe Theatre?
Il teatro all’aperto, nella splendida cornice di Villa Borghese, è una copia filologicamente ricostruita di quello di Londra e nel 2013 è arrivato a festeggiare i 10 anni di vita.
Ogni estate il teatro, interamente in legno di quercia, presenta un ricco cartellone di spettacoli, tutti rigorosamente di ispirazione shakespeariana, raccogliendo un grande favore di pubblico sia per la qualità delle compagnie in scena che per l’atmosfera davvero speciale che questa caratteristica struttura offre.
Il Globe Theatre di Roma nasce nel 2003 dalla volontà di Gigi Proietti, dalla generosità della Fondazione Silvano Toti e dall’impegno di Roma Capitale. Si è voluta ricostruire, a Roma, la ‘grande O di legno’ del Globe Theatre di Londra, storicamente riconducibile alla compagnia di attori che facevano capo a William Shakespeare, autore e imprenditore al tempo stesso delle proprie opere.
Il grande palcoscenico rettangolare con tettoia sorretta da colonne, al centro della struttura perfettamente circolare destinata al pubblico, conferisce alle scene rappresentate un senso di coralità che sembra direttamente correlato al nome stesso del teatro. Infatti, il ‘globe’ cui ci si riferisce, sembra derivi dal motto latino ‘totus mundus agit histrionem’, a sua volta derivato dalla frase di Petronio “quod fere totus mundus exerceat histrionem” (perché tutto il mondo recita, come l’attore). Facile il collegamento con il rinomato “All the world’s a stage” (tutto il mondo è un palcoscenico) inserito dallo stesso Shakespeare in “As you like it“.
Il pavimento del teatro è realizzato in blocchi di tufo messi in opera a secco, in modo tale da restituire, da lontano, l’idea della terra battuta che pavimentava la prima struttura.
A Londra, la moderna ricostruzione del Globe Theatre è visitabile dal 1997 (a circa 230 metri dalla collocazione originale (banchina sud del Tamigi, Southwark). Quello originale, costruito nel 1599, fu distrutto da un incendio il 29 giugno 1613 e subito ricostruito l’anno successivo (1614). Chiuso dai Puritani nel 1642 fu definitivamente demolito nel 1644.
Oggi entrambe le ricostruzioni, di Londra e di Roma, presentano leggere differenze, dovute al fatto che non sono conservati i progetti del teatro originale.
Articolo scritto da M. Chiara per Sai che a Roma…
27 Giu, 2013 | sai che a Roma...
Sai che a Roma… “un asino non può spostare un cavallo”?
La Fontana dei Dioscuri in piazza del Quirinale ha una lunga storia ed è legata anche a un famoso aneddoto e a qualche divertente pasquinata.
Alla fine del XVI secolo, sotto il pontificato di Sisto V (Felice Peretti), fu terminata la ristrutturazione dell’acquedotto alessandrino, chiamato da allora in poi Acqua Felice. Una nuova ramificazione doveva servire le zone del Viminale e del Quirinale e proprio sulla piazza del Quirinale fu deciso di realizzare una fontana di fronte alla residenza estiva del papa. I lavori furono affidati all’architetto Domenico Fontana (un nome, un destino…!) che decise di riutilizzare un antico gruppo scultoreo proveniente dalle vicine Terme di Costantino e che già si trovava nella piazza: si trattava dei Dioscuri, i due mitici gemelli figli di Zeus e Leda, che tengono a freno i loro cavalli. E’ interessante notare che il gruppo dei Dioscuri, copie romane di originali greci, furono in un primo momento ritenuti erroneamente opere originali di Fidia e Prassitele, e questo errore è ancora immortalato nell’iscrizione del basamento! Il Fontana, dopo averli restaurati, li spostò al centro della piazza, rivolti verso il palazzo del Quirinale, realizzando ai loro piedi la fontana commissionatagli. Nel 1782 papa Pio VI (Giovanni Angelo Braschi) decise di adottare una nuova sistemazione dell’area, predisponendo anche un nuovo assetto per i Dioscuri: divisi in due gruppi, furono sistemati in modo tale da formare, tra loro, un angolo retto. Sembra però che l’architetto Antinori, a cui i lavori furono affidati, abbia avuto diverse difficoltà nel compiere questa operazione. Alludendo quindi alla sua imperizia, i Romani commentarono impietosamente che “un asino non può spostare un cavallo”! Anche due pasquinate intervennero prontamente a sottolineare l’episodio: la prima rivolta contro l’architetto e costituita dal semplice ma pungente anagramma del suo cognome :”Antinori, non tirai“; la seconda diretta invece al papa, in riferimento all’erronea scritta “Opus Fidiae” presente sul basamento e che subito fu modificata in “Opus perFidiae Pii Sexti“!
Alla fine comunque, nel 1786, il progetto fu eseguito e uno degli obelischi (m 14,639) che ornavano il Mausoleo di Augusto fu sistemato tra i due gruppi scultorei. Un’iscrizione posta sul lato posteriore della fontana ricorda ancora oggi l’impresa: l’obelisco, parlando in prima persona, racconta la sua esistenza per poi dichiarare:
INTER ALEXANDRI MEDIUS QUI MAXIMA SIGNA
TESTABOR QUANTO SIT MINOR ILLE PIO
cioè, Tra le colossali statue di Alessandro, testimonierò quanto questi (Alessandro) sia minore di Pio. Quando però Roma fu occupata dai francesi nel 1798, all’iscrizione qualcuno appose una caricatura con un cittadino che indicava a due francesi proprio quella parte della scritta, nella quale Alessandro poteva simbolicamente indicare Napoleone. I giacobini allora si preoccuparono subito di modificare la scritta in un più “neutrale” TESATABOR SEXTI GRANDI FACTA PII (testimonierò le grandi glorie di Pio Sesto). Se guardi bene però, puoi ancora notare, sotto la S di Sextii, la codina discendente della precedente Q di Quanto…!
In realtà quando l’obelisco fu sistemato, si decise anche di sostituire la fontana con una vasca di epoca romana proveniente dal Campo Vaccino, ma in realtà i lavori per la sua sistemazione, anche a causa dell’occupazione di Roma da parte delle truppe napoleoniche, si protrassero fino al 1818, sotto l’attenta guida dell’architetto Stern.
26 Giu, 2013 | sai che a Roma...
Sai che a Roma… per la festa patronale dei Santi Pietro e Paolo, il 29 giugno, a partire dal 2008 è stata riportata in vita la tradizione della Girandola di Castel Sant’Angelo?
Straordinari fuochi d’artificio partono da Castel Sant’Angelo e si specchiano sul fiume, regalando ai Romani e ai fortunati turisti che possono assistervi uno spettacolo davvero indimenticabile.
Attenzione: dal 2016, a dispetto della tradizione, la Girandola viene organizzata in piazza del Popolo, con i fuochi che partono dalla terrazza del Pincio. Solo a Roma la Girandola di Castel Sant’Angelo si fa a piazza del Popolo!
L’origine di questa tradizione risale al XV secolo e più precisamente al 1481, quando fu introdotta per celebrare e dare fasto al pontificato di Sisto IV, che volle poi iniziare a usare la Girandola di Castel Sant’Angelo per festeggiare gli eventi solenni che si svolgevano a Roma. Ad occuparsi della manifestazione, troviamo nomi importanti, che ci danno subito l’idea della dimensione e della spettacolarità che l’evento ricopriva: furono infatti artisti come Michelangelo, Bernini e Vespignani a ideare ed elaborare, perfezionandola, questa pioggia di fuoco che strabiliò e che continua a strabiliare chiunque vi assista. E non a caso la Girandola, già all’epoca, richiamava spettatori provenienti da tutta l’Europa. Ne parla Charles Dickens, mentre Piranesi la raffigura nelle sue stampe e Giuseppe Gioachino Belli le dedica addirittura un sonetto (lo riportiamo qui sotto).
La Girandola continuò a estasiare il pubblico fino al 1886 (1861 o 1870 secondo altre versioni, ma questa sembra la più attendibile), quando lo spettacolo dovette essere sospeso a causa dei danni e delle lesioni che le ripetute esplosioni provocavano alle decorazioni (stucchi e pitture) delle sale sottostanti la Terrazza dell’Angelo. E’ divertente scoprire che la passione per lo spettacolo era tale da sacrificare anche i documenti curiali conservati nell’Archivio Pontificio: parte di essi furono infatti sacrificati senza indugio per realizzare i cartocci di polvere pirica!
Dal 2008 questo tripudio di luci e colori è stato riportato in vita seguendo una accurata ricostruzione filologica, effettuata dal cav. Giuseppe Passeri del Gruppo IX Invicta: le stesse miscele dei fuochi, che si iniziano a preparare già da marzo, sono realizzate secondo le prescrizioni e le formule dei maestri del Rinascimento. La tradizione però si accompagna alla più moderna tecnologia, con sofisticate centraline radio che permettono il controllo dell’accensione dei fuochi in completa sicurezza. Così lo stesso Passeri parla dello spettacolo della Girandola di Castel Sant’Angelo: “La Girandola da sempre è palcoscenico in cui i più grandi geni di architettura, scenografia e ingegneria si esibiscono anno dopo anno. Attività pirotecnica a Roma è armonia, mescolare effetti. Non si tratta del solito fuoco di paese, il quadro pirotecnico cambia ogni minuto, praticamente uno spettacolo mai visto. Ho fatto di tutto per rendere possibile la rievocazione di questo spettacolo, c’è grande sensibilità verso questo evento proprio perché si differenzia da tutte le altre manifestazioni ed è unica nel suo genere”.
Una prima rievocazione “pilota” fu in realtà eseguita, sempre dal Passeri, già nel 2006, quando la Girandola fu organizzata sul Colle Vaticano per celebrare i 500 anni dall’istituzione della Guardia Svizzera Pontificia. Esperimento riuscito!
Nel 2016 e nel 2017 però, per qualche strano motivo, si è deciso di allestire la tradizionale Girandola invece che a Castel Sant’Angelo, sulla terrazza del Pincio, con il pubblico radunato in piazza del Popolo. Sicuramente suggestivo, ma… niente più a che vedere con la tradizione!
Altra tradizione legata alla festività dei SS. Pietro e Paolo e che dal 2011 è stata recuperata è quella dell‘Infiorata.
25 Giu, 2013 | sai che a Roma...
Sai che a Roma… già i Romani antichi conoscevano la birra? In realtà la birra era conosciuta già molto prima dei Romani… ed è nata per caso!
L’orzo, di cui la birra è composta, è stato il primo cereale coltivato dall’uomo. Dalla coltivazione all’idea di creare delle riserve, il passo fu breve, ma vermi e roditori, che cercavano a loro volta di sfruttare queste scorte, resero necessarie alcune sperimentazioni! Tra le prove di conservazione messe in atto, si giunse quindi al tentativo di mettere i grani d’orzo nell’acqua. La natura fece il suo corso, e i lieviti il loro lavoro: l’intruglio così creato iniziò a fermentare, e gli effetti benefici ed “euforizzanti” di questa specie di birra primordiale furono subito apprezzati dall’uomo, ed anzi attribuiti a un superiore intervento divino.
Le prime attestazioni certe riguardanti la birra (che però doveva essere nata molto prima, probabilmente intorno al VII millennio a.C.) risalgono ai Sumeri, addirittura nel 3.700 a.C. (anno più, anno meno…!), in un documento (una tavoletta d’argilla conosciuta come “monumento blu”) che menziona la birra tra i doni offerti alla dea Nin-Harra. Sappiamo inoltre che i Sumeri consumavano birre di diversi tipi, e che avevano già una legislazione in materia di birre: il Codice di Hammourabi (1728-1686 A.C.) prevedeva addirittura la condanna a morte (per annegamento) per chi non avesse rispettato le leggi sulla fabbricazione e per chi avesse aperto un locale di vendita senza autorizzazione.
I Babilonesi proseguirono e affinarono la tradizione birraia dei Sumeri, arrivando a produrre ben 20 varietà di birra.
Anche gli Egizi erano grandi estimatori e consumatori di birra, tanto che nella loro cultura riconoscevano a Osiride, protettore dei morti, il merito dell’invenzione della bevanda, chiamata zythum. Della birra esaltavano le proprietà curative , e l’arte di produrre birra era insegnata nelle scuole superiori ancor prima della lettura e della scrittura.
I Greci di certo, pur non producendola, non ignorarono la birra, che chiamavano, mutuando il nome direttamente dagli Egizi, zythos. Essa veniva consumata in special modo nel corso delle cerimonie tutte al femminile in onore di Demetra, gran Madre della Terra, nonché in concomitanza con i giochi olimpici, durante i quali il consumo di vino era proibito.
E veniamo ai Romani. Nell’antica Roma la birra era una bevanda conosciuta e consumata, ma in realtà fu sempre il vino a farla da padrone: la birra era infatti considerata una bevanda pagana e plebea, tanto che lo storico Tacito, nell’87 d.C., paragona la birra consumata dalle popolazioni germaniche al vinus corruptus, cioè andato a male! Non tutti erano dello stesso parere, però, in quanto sappiamo che alcune ville erano dotate di piccole birrerie private! Lo stesso Augusto apprezzò la birra, se non come bevanda almeno come medicinale, in quanto proprio grazie ad essa il suo medico Musia lo curò dal mal di fegato. E ancora sappiamo che Nerone fece un ampio uso di birra, che riceveva in dono da Silvio Ottone, marito della celebre Poppea, che l’Imperatore aveva sapientemente spedito in Portogallo per potergli rubargli la moglie indisturbato! Era ovviamente birra della penisola iberica, la cerevisia, e Nerone fece addirittura giungere a Roma uno schiavo lusitano, abile mastro birraio, che gli preparasse la graditissima bevanda. E del resto il termine “birra” deriva proprio dal verbo latino bibere (bere), mentre cerveca, la parola con cui si indica la birra in Spagna, deriva la sua matrice dalla dea latina Cerere (Ceres in latino, e non è un caso che sia anche il nome di una nota birra…!), che altri non è (ulteriore “coincidenza” non casuale!) se non il corrispettivo latino della dea greca Demetra. Inoltre Plinio, nel XXXVII libro della Naturalis Historia ci informa su un particolare impiego della birra nella cosmesi femminile per la pulizia del viso e come nutrimento per la pelle. Nonostante l’altalenante successo di cui godette nella nostra penisola e a Roma, nelle aree periferiche dell’Impero la birra continuò ad essere prodotta, e, ovviamente, le popolazioni germaniche e dei territori non adatti alla coltivazione della vite, introdussero importanti novità nella pratica brassicola.
Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, in Italia “caddero” anche la produzione e il consumo di birra, che nel periodo medievale rimase confinata quasi esclusivamente all’ambito monastico, finché, nel 1527, essa non fu reintrodotta nel corso del famigerato sacco di Roma da parte dei Lanzichenecchi. Il suo consumo continuò comunque a trovare ampie resistenze fino alla metà del XIX secolo. A quest’epoca risalgono infatti le prime fabbriche artigianali, tra cui quella, famosissima, di Giovanni Peroni.