Un ufficio da ridere…

cartello appeso in un ufficio pubblico

Cartello appeso nell’Ufficio Gestione Verde Urbano

Sai che a Roma… qualche volta negli uffici pubblici è possibile anche ridere?
Succede in questi giorni all’Ufficio Gestione Verde Urbano, dove fuori dalla porta è comparso un cartello che, nonostante abbia suscitato l’indignazione di qualcuno, a noi sembra davvero esilarante. Ne riportiamo fedelmente il testo, compresa la parte in cui le influenze dialettali riescono a prendere il sopravvento…

“Il pubblico si riceve nei giorni di martedì e venerdì dalle ore 10.00 alle ore 12.00 previo appuntamento telefonico. L’altri giorni dobbiamo lavorare. Si prega di non essere insistenti altrimenti ci vedremo costretti, anche se contrario alla nostra educazione, a prendervi a parolacce ed insulti”.

Il cartello è stato fotografato da un utente incredulo, che ha poi postato la foto su facebook, scatenando un tam tam mediatico che ha scatenato diverse reazioni, dall’indignazione, all’incredulità, passando per il divertimento.

Noi non sappiamo se il cartello sia vero o se si tratti di un semplice fotomontaggio, così come non possiamo dire se si tratti dell’opera di un impiegato ironico e giocherellone (o magari realmente scocciato dall’insistenza di qualcuno…), oppure della reazione di un utente infastidito dall’eventuale comportamento di qualche addetto.

In ogni caso, nell’augurarci che non si tratti di un reale messaggio istituzionale da parte di una Pubblica Amministrazione, speriamo di averti regalato un sorriso!

Aggiornamento: riportiamo qui sotto quanto postato dal vicesindaco Luigi Nieri sulla sua pagina facebook, in merito alla segnalazione dell’avviso:

“Questa mattina ci è stata segnalata l’esistenza di un incredibile avviso, offensivo nei confronti degli utenti, esposto in un ufficio dell’amministrazione capitolina. In qualità di vicesindaco e di assessore al Personale, ho predisposto un’immediata verifica: il cartello era effettivamente esposto presso i locali di un servizio operativo di supporto agli uffici di Gestione del Verde Urbano, spazio che, mi è stato assicurato, non è aperto al pubblico. Il cartello era una sorta di atto goliardico interno. Ho sentito l’Assessore all’Ambiente che mi ha confermato che il cartello è stato immediatamente rimosso, a tutela dell’immagine di Roma Capitale e della serietà dei suoi dipendenti, che si impegnano ogni giorno, fra mille difficoltà, a fornire il miglior servizio possibile alla cittadinanza.”

 

Scherza coi fanti… La Madonna di Monteverde arrossisce

Sai che a Roma… non tutti danno retta ai proverbi? Uno dei più famosi recita: “Scherza coi fanti, e lascia stare i Santi”, ma nella Capitale c’è qualcuno che con i santi ci scherza eccome, invece… Anzi, più che i Santi, questa volta oggetto dello scherzo è stata direttamente la Madonna!

Ti ricordi la vicenda della statua della Madonna fuori alla Cappella di Santa Giuliana Falconieri, a Monteverde? Poche settimane fa, all’inizio di ottobre, fece scalpore perché il suo vestito bianco, aveva iniziato improvvisamente, nottetempo, a tingersi di rosso.

Nonostante in molti parlassero già di miracolo, accalcandosi nella piazzetta antistante l’edificio, la causa del fenomeno fu attribuita a un contrasto di luci; l’illuminazione della statua fu spenta, e i fedeli si rassegnarono a dover ancora aspettare, per avere un miracolo a cui inneggiare.

Passato il clamore, qualche giorno fa si è deciso di restituire la luce alla statua. E… meraviglia… il 1 novembre si è potuto constatare che le guance della Madonna erano arrossate…

Subito le suore dalla Cappella hanno cercato di dare una spiegazione al fenomeno, anche perché ormai sono forti di una certa esperienza su come evitare che si crei troppo scalpore intorno alla notizia: hanno prontamente spiegato che ad illuminare la nicchia con la statua della Vergine era un nuovo faretto posizionato in basso, e che probabilmente l’improvviso rossore del sacro volto era determinato dal riflesso del sole combinato al rosa delle pareti della chiesa.
Nel dubbio, però, meglio procedere a nuove verifiche. E così, anche il nuovo mistero è stato immediatamente svelato: erano tracce di rossetto quelle che facevano arrossire la Madonna!

Complice anche la concomitanza con la notte di Halloween, evidentemente qualcuno ha deciso di prendersi gioco dei fedeli e di scherzare un po’ sulla strana vicenda!

Dure le parole di padre Salvatore Perrella, cappellano della chiesa, teologo e preside della Pontificia Facoltà Teologica Marianum di Roma: “C’è qualcuno che vuole scherzare con il sacro” e tutta la vicenda è “un atto vandalico, uno scherzo di cattivo gusto o una stupidaggine”. Secondo lui anche il particolare gioco di luci verificatosi il mese scorso potrebbe essere opera di ” burloni dissacratori”.

Beh, il gesto è sicuramente da condannare, in quanto potrebbe risultare offensivo e sacrilego per i più devoti, ma… come non farsi sfuggire almeno un sorriso per questo provocatore che, nel compiere il suo atto di protesta, non ha, in fin dei conti, provocato danni né a persone, né a cose? Giusto l’inconveniente di dover “struccare” la statua!

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Miracolo o gioco di luci?

 

 

 

 

Truffe al volante

ladroSai che a Roma… torniamo a parlare di truffe?
Lo avevamo già fatto qualche tempo fa, prendendo spunto da un fatto di cronaca reale e cercando di metterti in guarda su alcuni tipi di raggiri in cui si rischia di incorrere mentre si tenta di districarsi nel traffico della Capitale.

Vittime preferite di questa nuova truffa di cui abbiamo sentito parlare, neanche a dirlo, le donne. Appena sali in macchina, qual è la prima cosa che fai? No, prima ancora di infilare le chiavi nel quadro… pensaci bene… Esatto! Appoggi la borsa sul sedile del passeggero o, se vuoi impedire che al primo semaforo un rapido motociclista te la faccia fuori dal finestrino, la metti diligentemente per terra. Sarà più scomodo, mentre guidi, tirare fuori il telefonino, l’agenda, la trousse, e l’auricolare, ma almeno avrai buone probabilità di arrivare a destinazione con tutti i tuoi beni!

Ecco, questa è sicuramente un’accortezza sensata, ma… stavolta non basta! La nuova truffa si svolge grossomodo secondo questo copione: appena sali in macchina e, come abbiamo visto, appoggi la borsa, si avvicina un uomo (ma potrebbe anche essere una donna), che gentilmente e cordialmente ti avverte che ti è caduto qualcosa. Che proprio mentre salivi, ha visto qualcosa rotolare sotto la macchina. “Oh, grazie… gentilissimo…” e intanto scendi per controllare. Peccato che un complice del premuroso cittadino di cui sopra, sia già acquattato vicino all’altro sportello, pronto ad aprirlo, rubarti la borsa e scappare!

Quindi se qualcuno ti informa che ti è caduto qualcosa, occhi aperti e nel dubbio… prova ad aprire con forza l’altra portiera!

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Modi di dire romaneschi: Chi se venne la spada, nun è boja

spada da boia. A Roma, chi se venne la spada, nun è boia!

Spada da boia. Roma, Museo Criminologico

Sai che a Roma… questo modo di dire è legato a un aneddoto particolare?

Chi se venne la spada, nun è boja” significa che chiunque rinunci alle armi, e quindi alla violenza, è una persona civile e di buoni sentimenti.
A raccontarci l’origine di questa locuzione è Giggi Zanazzo, nel volume Tradizioni popolari romane. La sua nascita risale ai tempi di papa Sisto V (papa dal 1585 al 1590), il quale aveva l’abitudine di mescolarsi alla folla in abiti civili o di semplice frate minore, per poter ascoltare indisturbato i commenti che il popolo faceva su di lui e sulla sua politica. E così, durante una di queste spedizioni, mentre sostava in un’osteria ebbe modo di vedere che un tamburino della sua scorta, per saldare il conto all’oste, stava vendendo la propria spada d’ordinanza. Al suo posto, rimise nel fodero una finta impugnatura con una lama di legno.
Il papa ebbe subito l’occasione di mettere in difficoltà il tamburino, perché il giorno seguente era prevista l’esecuzione di un gendarme pontificio che, abusando del proprio ruolo e della propria divisa, aveva commesso vari delitti e angherie. Il pontefice ordinò che a occuparsi dell’esecuzione, mediante il taglio della testa, fosse proprio il tamburino con la spada finta… Questi però non si perse affatto d’animo, e al momento di eseguire l’ordine gridò: “Dio mio, risparmiami la parte del boia… Fa’ che la mia spada diventi di legno!”. E quando sguainò l’arma, che effettivamente era di legno, tutti gridarono al miracolo.
Lo stesso Sisto V, di fronte a tanta arguzia e tanta audacia, non poté che ammirare lo scaltro tamburino, e finì addirittura per promuoverlo di grado!

 

Modi di dire romaneschi: Chi s’impiccia…

pasquino-212x300Sai che a Roma… un modo di dire diffuso soprattutto nell’Ottocento recitava “Chi s’impiccia, more co’ la pelliccia”?

Significa che le persone troppo intriganti sono destinate a fare una brutta fine: anche se nel frattempo sono riuscite a diventare ricche, tanto da potersi permettere di avere la pelliccia, moriranno con i vestiti addosso, e cioè di morte violenta e improvvisa.

Nel periodo delle lotte per la difesa della Repubblica Romana del 1849, questo modo di dire, già usato, conobbe una particolare fortuna, in quanto fu utilizzato come Pasquinata in coincidenza con il ritrovamento di alcuni cadaveri di soldati francesi, trucidati dalla popolazione dopo la caduta della Repubblica stessa.

Del resto, all’epoca tra romani e francesi non correva certo buon sangue… Si racconta che già durante le invasioni napoleoniche alcuni militari francesi fossero stati malamente uccisi e poi gettati nel Tevere dai romani: narrano le cronache che nel 1798 due ufficiali, in preda all’alcool, tentarono di violentare una bella popolana. La reazione fu immediata e i due furono squartati e appesi presso una macelleria. Sui cadaveri, un cartellino indicava quello che era il prezzo della carne di maiale.

In modo meno cruento, l’ostilità tra le due popolazioni è testimoniata anche da numerose pasquinate, come ad esempio quella del 1801 riferita all’arrivo a Roma dell’ambasciatore di Napoleone, un certo signor Cacault, accompagnato dall’addetto militare generale signor Saint Malot e dal segretario d’ambasciata signor Maury. In un quasi scontato gioco di parole italo-francese, il biglietto che fece la sua comparsa sul torso di Parione (cioè Pasquino) fu lapidario: “Cacò, S’ammalò, Morì”.

E per noi, restano modi di dire, racconti e piccoli motti scherzosi, che con  i sentimenti espressi ci fanno vivere in un attimo quasi un secolo di storia con la stessa autorità e molto più sentimento di qualsiasi manuale!